venerdì 21 marzo 2014
La neve è il colore dell'anima, come il latte o come l'agnellino fresco di candore o il giglio citato nella buona novella o la luna nel suo perfetto biancore. L'idea più atroce che mi sfiori è quella dei nevai che pian piano si ritirano, sostituiti da manciate di sabbia portatrice del colore della tostatura. Sì, il nevaio trasformato in deserto, mi pare una bestemmia della natura contro la natura. Ah la bellezza del bianco! Ah il suo refrigerio, il senso di spazio tale da non cogliere più la differenza tra il candore di un piano e quello di un diedro che si dirami fino chissà dove mai. Così certe volte, il cielo è tirato a calce, bianchissimo. Ecco perché amo l'assoluto del bianco del Polo Nord. Lì, l'acqua si fa ghiaccio o neve in un unico di sostanza che è compatibile con il senso dell'assoluto. Ma dove si può trovare il bianco? Il Padreterno la sa lunga e ha donato agli anziani tale privilegio, come quello della farina per il pane. Si vive una vita intera per conquistarselo, il bianco sul capo, nella chioma. Pare che gli angeli del cielo, quando guardano giù, a una casa di riposo, la scambino per una coltivazione di stelle. Un vivaio di chiome argentate, come un nevaio di stelle terrestri, il cui bianco è la calamita attiva verso il candore dell'aldilà.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI