venerdì 26 febbraio 2010
Inter-Chelsea è come se l'avessero giocata in campo neutro. I veri protagonisti - quelli del campo - sembravano ospiti di uno stadio ribollente di rabbia comunicata con mille tazebao di protesta per le "ingiustizie" patite dai nerazzurri. Mourinho e Ancelotti si sono salutati come due signori che s'incontrano all'aeroporto: buon viaggio. In campo, Malouda, Stankovic, Motta, Carvalho, Samuel e Ivanovic si scambiavano botte e cianchettate con seguito di strette di mano, scusa se ti ho fatto cadere, prendi la mano e rialzati; al 45' Kalou è ormai davanti all'invalido Julio Cesar e sta per sparare a gol quando Samuel lo tocca da dietro e lo fa cadere, e così sarebbe rigore ed espulsione ma non succede, e Kalou offre alle telecamere il suo stupore più che la rabbia, ancora quattro calci eppoi gli spogliatoi che tutti raggiungono senza gridare, senza insulti, senza spintoni né parolacce.
Replay sul faccione di Ancelotti al momento del rigore negato: il sopracciglio sinistro sembra l'arco d'Augusto, comunica stupore infinito e un certo disappunto. Ecco: la massima contestazione è espressa dal disappunto, ovvero - spiega il dizionario - «senso di delusione per improvvisa contrarietà»; con accompagnamento - oso immaginare - di un cattivo pensiero sull'arbitro Mejuto Gonzales che già in passato (col Milan in Champions) gli ha dato una fregatura. Si pensa ma non si dice. Carlo non darà fiato a sospetti, complotti. «C'erano due rigori per noi? Non sono più abituato a commentare certe cose. E Gonzales è un ottimo arbitro». E subito arriva in premio l'ammissione di Mourinho: «Sì, era rigore». E non fai a tempo a rallegrarti della lealtà del portoghese che Milito confessa ai microfoni che sì, s'era buttato cercando il rigore e l'arbitro ha fatto bene ad ammonirlo. Scene così, a raccontarle, sembrano uscite da un silenzioso acquario, da una favola o da un film muto, un lungo danzante ralenti su fisici possenti o minuti, leve in movimento e piedi danzanti e volti ora ridenti ora scuri: e invece la colonna sonora c'è, e assillante, un fischio lungo novanta minuti e grida d'entusiasmo e di dolore, di rabbia e di passione, ma c'è spazio anche per un lungo applauso a Cech che se ne va zoppicando dopo essersi fatto male da solo e magari qualcuno pensa - guardando quel casco che porta ormai come una parrucca e ripensando al perché - «quanta sfortuna, 'sto ragazzo». Sì, è stata proprio una bella serata di sport, eppoi l'Inter ha vinto e - come si dice ipocritamente - ha vinto anche l'Italia, ahilei rappresentata solo da Balotelli - bravo, bravissimo - che solo per questo meriterebbe la Nazionale; ha vinto, la Beneamata, e le auguriamo di arrivare fino in fondo, alla Coppa dalle grandi orecchie che le manca dal '65: la ricordo quella sera del 27 maggio '64 quando la vinse la prima volta contro il Real di Di Stefano, Puskas e Gento al Prater di Vienna e l'anno dopo, stesso giorno, quando l'uno-a-zero al Benfica di Eusebio in un San Siro pieno di pioggia le consegnò il secondo trofeo europeo.
Il gol lo segnò Jair ma nelle immagini dei trionfi c'erano Facchetti, Sarti, Mazzola, Burgnich, Guarneri, Picchi, Corso, Milani, Bedin e un signore dai capelli d'argento che si chiamava Angelo Moratti. Era un'Internazionale piena d'Italia... Sì, è stato bello, ma adesso - scusate - c'è il campionato. Avete visto Fiorentina-Milan? Che rigore c'era per i viola! E Rosetti sarà ancora il miglior arbitro d'Italia, d'Europa e del Mondo?
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