domenica 28 febbraio 2021
Un'amica d'infanzia di mia figlia, infermiera, due giorni dopo la laurea a marzo è stata arruolata in un ospedale lombardo. Era una bambina piccola di statura, biondina, incontrollabile: quel che si dice una peste. Mi è sembrato incredibile: la deliziosa, la tremenda T. in corsia, davanti al Covid. La prima sera, nel Pronto soccorso di quell'ospedale di provincia, malati a decine. Uno, molto anziano, persa la conoscenza, rantolava. Altri ne arrivavano, più giovani. Il medico di guardia, sopraffatto, ha scosso il capo guardando il vecchio, e ha detto alla giovanissima infermiera.: «Per lui stanotte non posso fare niente, devi pensarci tu». Attonita, T. si è ritrovata ad accompagnare l'agonia di uno sconosciuto semplicemente tenendogli una mano, rinfrescandogli la fronte, come si faceva una volta. Questo è stato il battesimo di T. in corsia, il resto lo potete immaginare. Quando poi l'ho vista al mare, quest'estate, era bella e ridente come da piccola. Solo qualcosa di diverso nello sguardo: più pensosa, più gentile. Quanto grandi di colpo son diventati, in pochi mesi, gli infermieri e i medici ragazzi buttati in trincea, ad affrontare una morte che non avevano visto mai. Una giovane generazione di camici bianchi è passata dal fronte. Ne verrà, credo, del buono - come ogni volta, che si conosce il dolore.
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