venerdì 22 luglio 2016
La bagula, in dialetto lombardo è la macchia sul vestito, di quelle che chi le porta è come se non fossero più affar suo. Bagulina, così chiamato, era un uomo solo, anziano oramai senza età. Avrebbe potuto essere un personaggio di Leon Bloy. Era calzolaio e la sua casetta laboratorio dava su una strada secondaria delle due esistenti nel paese. La stanza multiuso mescolava repertori del suo abitare a quelli della sua fatica. C'era un penetrante odore di cuoio e di colla. Alto di statura, Bagulina lo diventava sempre di più, man mano che avanzandogli pezzi di suola li inchiodava progressivamente sotto le sue immutabili scarpe nere. Di poche parole, era trapelata la sua cavalleria quando aveva abbonato i tacchi nuovi ad una ragazza per significarle, a modo suo, la propria ammirazione. Nessuno sapeva esattamente che rapporti lui avesse con la musica, né era mai stato visto suonare nelle varie bande di paese, tuttavia Bagulina possedeva un enorme bassotuba di un bell'ottone che raccoglieva tutta la sua dedizione alla pulizia. All'ora che volge al desio, emergeva dal suo antro per sedersi sui gradini di casa. Lì dava fiato alla sua bassissima nota. Non si era mai udita altra nota che quella, lenta e prolungata e raramente di alta perfezione, ma lui mi resta, oltre la memoria.
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