giovedì 2 settembre 2004
Un'idea morta produce più fanatismo di un'idea viva; anzi soltanto quella morta ne produce. Poiché gli stupidi, come i corvi, sentono solo le cose morte. Tempo fa avevo proposto una battuta del diario del filosofo ottocentesco Kierkegaard che diceva: «Le idee fisse sono come i crampi ai piedi; il rimedio migliore è camminarci sopra». In realtà, purtroppo, ci si affeziona alle idee sbagliate come ai propri malanni e il nostro scrittore Leonardo Sciascia in quella sorta di "diario in pubblico" che è Nero su nero (1979) ci ammonisce proprio su questo rischio. Le "idee morte" sono pensieri e progetti sclerotici, insensati, ostinati che sembrerebbero a prima vista votati al fallimento per la loro intrinseca assurdità. E, invece, quelle idee vengono coltivate da molti, superano indenni ogni critica e alla fine producono i loro effetti mortiferi. Ne sappiamo qualcosa attraverso l'esperienza dei vari fondamentalismi religiosi e attraverso le ideologie politiche impazzite di ogni genere, nere o rosse o anarchiche che siano. Tuttavia senza giungere fino a questi estremi sui quali aleggiano i corvi affamati di cadaveri, c'è il rischio che un po' tutti ci affezioniamo a qualche piccola idea morta, a fisime, a illusioni. Anche se siamo consigliati
di lasciarle perdere, l'ostinazione e l'amor proprio ci attanagliano e ci convincono a non cedere. Forse noi non faremo gravi danni agli altri, ma è a noi stessi che infliggiamo una vergogna, perdendo la capacità del mutar idea di fronte all'evidenza, dell'umile riconoscimento dell'errore, della semplicità di chi sa imparare ascoltando anche gli altri.
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