giovedì 20 giugno 2019
«La Chiesa si sta trasformando in un gruppo marxista di verdi»! Così Edward Pentin (“La Verità”, 12/6, p. 13). Tu non ti meravigli di questa sua personale opinione, ma di chi la pubblica senza battere ciglio per la sua ridicola inconsistenza. Ma la meraviglia decresce se ricordi di peggio, p. es. che (“Foglio”, 29/5) hai letto che «La Chiesa italiana sconfitta dal rosario di Salvini è davanti al bivio, rifare i Patti Lateranensi o andare alla guerra totale?». Qualcuno non si accorge, nel merito, che così Salvini sarebbe il duplicato di Mussolini, cosa per lo meno azzardata e funesta, oppure del Craxi del 1984, ambedue sfortunati, per il secondo anche con molta ingiustizia subita. Messe dunque da parte queste follie mi piace segnalare che di recente (“Giorno” 7/6) appare un “revival” del latino, ancora oggi lingua ufficiale della Chiesa cattolica, apparentemente in disuso progressivo quasi ovunque. Ricordi di tempi passati: da alunno alla Lateranense, e poi anche da docente, molto uso del latino anche per le lezioni ordinarie, con un ricordo significativo: il 21 giugno del 1963 esame di diritto canonico, per me allora alunno, e a conclusione la parola della promozione senza troppa gloria del prof. Giuseppe Damizia: «non habes mentalitatem iuridicam! I ad videndum Papam!». Contava di più la seconda parte. Quella mattina, pochi minuti dopo, fu eletto Papa Giovanni Battista Montini, Paolo VI, e la lingua latina arrivò, con tono romanesco e carico di significati diversi dalla bocca del cardinale Alfredo Ottaviani: «Habemus(se) Papam(me)»! Montini, “allontanato” da Roma da quasi 10 anni e cardinale solo da 4 per volontà di Papa Giovanni, iniziava il suo ministero petrino, riprendendo e portando in porto il Concilio che ancora oggi è davanti a noi, fino alla Trasfigurazione dell'agosto 1978, che segnò l'inizio dell'estate dei 3 Papi. Sotto San Pietro resta scritto: «Pètros ?ni»! Ma non è petrolio...
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