domenica 28 marzo 2004
Non servitevi di questo termine così nobile: "Ideale". Abbiamo, infatti, per dire la stessa
cosa, nella lingua di tutti i giorni, un'espressione eccellente: "Menzogna". Pessimistica e amara è questa battuta del dramma L'anitra selvatica
dello scrittore norvegese Henrik Ibsen (1828-1906), storia di una famiglia infelice e tormentata: chi ha letto o ha assistito a questo dramma ricorderà la tragica morte di Edvige mentre sui tetti cerca di uccidere un'anitra selvatica per riconquistare, con un gesto simbolico, l'amore di suo padre che la crede figlia di un vecchio amante di sua moglie. C'è indubbiamente un fondo di verità nelle parole di Ibsen: quante volte si è ammantato sotto il velo sontuoso dell'"ideale" un inganno, una vera e propria "menzogna"? Non per nulla si è esultato nel secolo che abbiamo lasciato alle spalle quando si è consumato il crollo delle ideologie che tante vittime e delusioni avevano creato. Detto questo, però, bisogna con altrettanta fermezza evitare ogni radicale negazione degli ideali. E' ciò che accade ai nostri giorni ove tutti si accontentano dell'immediato vantaggio, della furbizia, del risultato ottenuto col minore sforzo e col maggior vantaggio personale. Una politica senza ideali, una religiosità senza donazione profonda, una scienza ridotta a tecnica e priva di umanità, una vita senza progetti e desideri alti non sono segno di pacato realismo ma solo la sorgente della mediocrità, della volgarità, della superficialità. «Una vita senza la ricerca profonda - diceva il Socrate di Platone - non mette conto d'esser vissuta».
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