mercoledì 5 giugno 2019
Tra i vari modi di poesia, attualmente il più in voga è quello che mi piace di meno, cioè la poesia “narrativa”, poeti che intendono “comunicare” avendo ben poco da dire, perlopiù in similprosa. Benvenuta, quindi, la poesia apofàtica di Massimo Scrignòli, Lupa di Gennaio (Book Editore, pagine 80, euro 14). Apofàtica perché afferma negando il proprio contrario, non nel senso montaliano di «ciò che non siamo, ciò che non vogliamo», ma secondo un'operazione tutta linguistica, fin dal titolo ossimorico spiegato da una citazione di René Char: «In amore, in poesia, la neve non è la lupa di Gennaio, ma la pernice della nuova stagione». Dunque, la neve non è il freddo in amore e in poesia, bensì auspicio di rinascita: Atena trasformò Calo in pernice quando Dedalo, invidioso del nipote, lo gettò da un precipizio, e una pernice presenziò la tumulazione di Icaro. Del resto, il ciclo delle stagioni fa sì che mentre «viene in visita la neve», «sopra l'Oceano a Gennaio l'inverno di ritira». Ottimo antidoto alla narrazione, dunque, la poesia di Scrignòli, non propriamente ermetica, bensì enigmatica: «È nel distacco, sul finire della differenza tra lontano e distante che il destino esiste». La lontananza può non essere distanza, ma il destino è giocato sul distacco. I riferimenti sono soprattutto René Char e Paul Celan, ma il frammento "1" allude al primo verso del primo Canto di Pound: «Così anche noi. Scendendo alla nave con la marea del giovane naufragio già pensavamo alle alture e alle rocce nel deserto»; Pound: «And then went down to the ship. E poi scendemmo alla nave, / La chiglia si avviò contro i frangenti, nel mare divino, e / Noi drizzammo l'albero e la vela su quella nave nera». Perfetto l'accostamento della «marea del giovane naufragio» rispetto a «la chiglia si avviò contro i frangenti» del Canto poundiano, quasi parafrasi dell'XI libro dell'Odissea che in Pound esordisce con un «E poi» a significare che non siamo all'inizio di un poema, bensì aggiungiamo un anello a una tradizione che viene ben prima. E il «destino» di Scrignòli è inconsapevole ma ben chiaro: «Anche noi, senza averle sentite, stavamo seguendo della lupa di Gennaio le tracce delle prossime notti». Con uno scarto inatteso: «L'oltre arrivò imprevisto: il ritorno verso la fronte». Paul Celan, suicida a cinquant'anni nel 1970, a René Char, dedicò la poesia Argumentum e silentio, che contiene il verso: «Alla notte la parola guadagnata al silenzio» in cui Scrignòli può ben riconoscersi. Celan è ricordato nel frammento "11" (citato nell'Indice come fr. 9): «Cercando il marmo oscuro di Paul», cioè la tomba in marmo nero di Paul Celan, nel cimitero di Thias vicino a Parigi. E «per concessione suprema di Eraclito», l'acqua della Senna è la stessa in cui Celan si gettò: «E nonostante ritorna, tutta, ritorna l'acqua ammutolita della Senna. Per concessione suprema di Eraclito questa, oggi, è quella stessa acqua. Così anche noi continuiamo a toccare il freddo del gorgo, che solleva lo sguardo oltre il viso. Nell'attesa della parola che non deve dire c'è l'istituzione della rugiada quando abita la soglia». Forse la rugiada sulla soglia è fin troppo letteraria, ma importante è la parola «che non deve dire». Non è silenzio: è sfida all'indicibile.
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