venerdì 2 ottobre 2009
Il Barcellona vinse la Coppacampioni, elogiammo il suo tecnico, Guardiola. E nacque il "guardiolismo". E subito annunciai il rischio che l'infatuazione per i Maghi Baby potesse peggiorare la situazione del nostro calcio, già stretto fra evidenti problematiche economiche e tecniche.
Per anni abbiamo pagato il caro conto dello yuppismo, fortunatamente ridimensionato nella società italiana, ed eccolo resuscitato nel mondo del pallone spesso in grave ritardo sulla storia. Il protagonista più discusso dello yuppismo panchinaro è senza dubbio Leonardo, uscito mercoledì sera da San Siro con i vistosi segni dell'influenza svizzera, ultimo malanno del già malandato club rossonero. Immagino che, al momento di nominarlo responsabile della squadra "più vincente del mondo", Berlusconi abbia pensato a Fabio Capello, che tuttavia yuppie non era, nè mai era stato: preferirei semmai definirlo un semplice geniale geometra (il più famoso dei quali - se ricordate - si chiama Giampiero Boniperti, secondo inelegante battuta dei presidenti-rivali Fraizzoli e Viola) via via cresciuto fino a farsi grande architetto di un gioco che ha conquistato mezza Europa e s'avvia a tentare la conquista del mondo. Quando sostituì Sacchi sulla panchina rossonera, Capello aveva appena affinato, militando in Publitalia e Finivest, la tradizionale, solida e un po' rustica cultura pedatoria che s'era fatto esordendo giovanissimo nella Spal di Ferrara, un club nel quale, giocando, frequentava anche la scuola di uno dei più grandi maestri-manovratori del calcio nazionale, Paolo Mazza, detto il Mago di Campagna.
Il nuovo sogno berlusconiano è andato a sbattere contro una realtà obiettivamente complicata: il Milan era, è, da ricostruire, quindi bisognoso di mani esperte: Leonardo è brillante, intelligente, comunicativo, ma povero d'esperienza, la società non ha pensato di affiancargli un direttore tecnico di lungo corso reperibile fra i numerosi allenatori in via di pensionamento.
Molti anni prima, un altro giovane talento con le stesse radici "italiane" di Capello - Giovanni Trapattoni - era stato prelevato dalle file rossonere e nominato tecnico della Juventus: alle sue spalle, un Mago di Città, Giampiero Boniperti, che seppe portarlo al successo com'era riuscito con due condottieri prelevati dalle "riserve" dell'esercito juventino, Carlo Parola e "Cesto" Vycpalek. Sono convinto che Leonardo potrà avere un futuro se, invece di farlo tremare con pericolosi attestati di fiducia, gli porgeranno non solo la dovuta solidarietà ma un concreto aiuto.
Anche Ciro Ferrara - che peraltro ha fatto gavetta agli ordini di Marcello Lippi, e molto ha imparato - sta togliendo qualcosa a una Juve che sul piano pratico ed estetico potrebbe dare di più; quando si è lamentato per il magro pareggio ottenuto con il Bologna (sostanzioso, invece, quello con il Bayern) è stato fulminato da una battuta del veterano Papadopulo: «Io, sulla panchina, mi ci sono seduto settecento volte, e vuol dire qualcosa...». Dal turno di Coppa è uscito malamente anche Mourinho, uno yuppie cresciuto, ma il malessere dell'Inter è diverso da quello del Milan: è fortissima, manca solo di un gioco. Lo dico sottovoce per non irritare lo Specialone, anche se - come è successo a Beretta, Marotta, Zeman e tanti altri addetti ai lavori - potrei cavarmela con il suo classico: «Chi è? Non lo conosco». Con simpatia gli porgo un epigramma dedicato da Paolo Giovio al focoso Pietro Aretino: «Qui giace l'Aretin, poeta tosco/ Di tutti disse mal, fuorchè di Cristo/ scusandosi col dir "Non lo conosco"».
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