venerdì 3 giugno 2016
Grande attenzione viene riservata ai costi che le famiglie sostengono per l'educazione dei figli, mentre è poco presa in considerazione la quantificazione economica dei vantaggi in termini di ritorno da tale investimento. In realtà, mettendo in rapporto i primi stipendi medi annui di neolaureati con i costi sostenuti dalle famiglie per la formazione universitaria dei figli, si scopre che il ritorno che ne consegue non è mai inferiore al 30%. Una percentuale decisamente superiore, ad esempio, a quella raffrontata ottenuta all'investimento in una gestione patrimoniale senza troppi rischi e con buon mix fra azioni e obbligazioni, che si attesta al 5% annuo al netto dell'inflazione (quasi inesistente).Ad esempio, a fronte di un costo totale di 31.750 euro per una laurea quinquennale e di uno stipendio medio annuo di 16.800 euro il tasso di rendimento che ne risulta è pari al 53%. Analogamente, l'investimento in una laurea magistrale alla Bocconi, dove il costo totale è circa 85mila euro, con un primo stipendio medio annuo per un neolaureato di 44.346 euro, porta a un rendimento pari al 52%. La percentuale scende al 30% negli Stati Uniti, dove i costi per l'istruzione sono molto più elevati, come dimostra l'analisi sulla spesa in istruzione in rapporto al Pil nei Paesi Ocse redatta nel rapporto Education at a glance 2014.Per i ragazzi un'occupazione soddisfacente anche in termini economici rappresenta senza dubbio un traguardo a cui tendere. Ma i livelli di disoccupazione giovanile in Italia sono sempre molto elevati e, dopo la crisi del 2008, il problema delle scarse opportunità offerte dal mondo del lavoro viene associato all'andamento negativo dell'economia. Tuttavia, studi come quello elaborato dalla società di consulenza McKinsey (Studio, ergo lavoro) evidenziano che il 40% della disoccupazione dei giovani non dipende dal ciclo economico. Inoltre, mentre il 70% delle università ritiene che le competenze dei giovani siano adeguate, il 42% dei datori di lavoro non lo condivide. Nel 47% dei casi (rispetto a una media europea del 33% e al 18% del Regno Unito), le aziende nostrane ritengono che tali carenze abbiano un impatto negativo sulla loro attività. Lamentano un deficit di competenze generali (non solo la padronanza delle lingue e della matematica di base, ma anche capacità analitiche, intraprendenza e autonomia, etica e deontologia professionale) e di esperienza pratica. In Italia stage e tirocini hanno una durata inferiore al mese in quasi il 50% dei casi nella scuola superiore e in circa il 30% all'università e coinvolgono solo la metà degli studenti d'istruzione secondaria e terziaria. Ecco perché la scelta di un'università e di un eventuale stage o tirocinio è un punto fondamentale nella pianificazione del budget familiare.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI