sabato 8 marzo 2014
«Cosa è successo?» chiedeva il soldato venuto da un paese sperduto dell'India, dove si parlava solo il suo dialetto. In Europa, dove aveva combattuto sotto il comando inglese una guerra che non aveva capito, sbattuto da un Paese all'altro dopo la prigionia aspettava di essere rimpatriato, ma nessuno lo comprendeva. Quando fu trovato con grande difficoltà un interprete le sue prime parole furono: «Ma cosa è successo?».È una notizia pubblicata dopo la guerra sulla rivista Mercurio. Improvvisamente oggi sui nostri giornali scopriamo i confini della Crimea e le realtà dell'Ucraina, la ribellione di Kiev e la posizione delle basi militari russe che circondano le coste della penisola come un assedio premeditato. D'improvviso «cosa è successo» ci chiediamo, sulla strada di una pace comune, noi popoli dell'Unione Europea economicamente collegati uno all'altro, ma politicamente ancora divisi e distratti da problemi interni.Guardando da un volo d'aereo la carta geografica d'Europa potremmo rivolgere a noi stessi la medesima domanda: di nuovo minacce di guerra, di nuovo proposte che nascondono violenza e sopruso della libertà e, dall'altra parte, offerte in denaro a protezione di un interesse economico che ci impedisce di difendere le ragioni del più debole. Caino non dà requie ai popoli della Terra. Le armi dispiegate su confini inesistenti forse servono per incutere paura e nessuno vorrà scatenare una indescrivibile nuova guerra fra popoli di una stessa radice civile, ma questo ci riporta su un cammino di incomprensioni e soprusi.Il seme gettato sulla strada di una pace comune e costruttiva cresce troppo lentamente e mi chiedo chi e in quale misura si voterà tra poco per le elezioni europee, se ancora non si sente una voce che ne spieghi le ragioni e la necessità. Ripiegati come siamo sul nostro quotidiano, dimentichiamo di proteggere la vita di chi resterà solo contro l'ingiustizia. Chi alza la voce, chi scrive e parla, chi fa capire ai giovani che si difende la libertà dei popoli senza arrivare alle armi, ma scambiando opinioni lanciando idee, muovendo anche piccoli gruppi di ascolto, oggi così facilitati dai mezzi che abbiamo tra le mani per farci sentire?Perché non fare in modo che il nostro richiamo alla libertà arrivi come un grido forte di giustizia e di pace per chi non ha voce, né possibilità di ottenere risposte? I ragazzi dell'Ucraina e della Crimea non sanno quale sarà il loro futuro. Perché non fare loro coraggio e far sentire la vostra voce?
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: