I poeti soffrono di «criticofobia»? Hanno ragione, ma pensino a Eliot
sabato 2 giugno 2012
La paura dei critici, o criticofobia, è sempre più diffusa tra i nuovi scrittori. Ma i romanzieri possono permettersi in proposito una certa dose di cinismo. Quando ci sono i lettori (tutti vogliono leggere romanzi e solo romanzi), quando non mancano gli editori (ogni editore sogna di pubblicare il romanzo che venderà, ma intanto ne pubblica molti che non vendono) il giudizio dei critici interessa poco. Meglio la pubblicità: e così aumentano i critici che hanno scelto di essere pubblicitari.Tutti i guai si riversano sui poeti. I loro dubbi su se stessi li hanno eliminati cercando riparo all'ombra della materna dea Poesia, che tutti accoglie e tutti protegge. Ma purtroppo non ci sono lettori.Nessuno si decide a comprare un libro di poesia contemporanea. Nessun libraio si decide a esporne uno in vetrina. Nessun supplemento letterario accoglie con soddisfazione e senza sospetto la recensione di un libro di versi appena uscito. Stando così le cose, si capisce che per un poeta di oggi essere anche giudicato male è veramente troppo. Va bene non esistere: questo si può stoicamente sopportare in nome dell'idea di poesia. Ma se qualcuno arriva a dirti che come poeta vali poco, vuole dire che ce l'ha con te, vuole dire che ti odia.La criticofobia, perciò, fra i poeti attuali ha tutte le sue ragioni.Solo che queste ragioni, diciamo sociali, hanno il loro rovescio nei torti testuali. Scrivendo il loro testo, i poeti si sentono così sovrani da non essere più capaci di eliminare una sola parola di quelle che gli vengono in mente. Si dicono: chi mi leggerà? perché correggermi? Eppure se ci pensassero un momento, la poesia dell'ultimo secolo ha dato un buon esempio diventato famoso. The Waste Land, il poemetto più celebre del Novecento, lo ha scritto Eliot, ma glielo ha corretto il suo amico Ezra Pound: i 1000 versi iniziali sono stati ridotti da Pound a circa 400. Era un nemico della poesia il severo Pound? No, era un vero amico. Eliot (intelligentissimo critico) deve a lui il suo capolavoro poetico.
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