mercoledì 17 aprile 2013
Giuseppe ricorda quando li chiamarono al tempio a Nazareth. Su lui pendeva un'accusa grave, lo assediavano i mormorii della gente: la ragazza vergine che gli era stata affidata in moglie per accudirla pura era incinta. Aveva tradito la fiducia dei sacerdoti e degli anziani. Per lui la punizione massima. Per lei, se fosse stata trovata colpevole, non ci sarebbe stata che la via dell'esilio e della vergogna. La ragazzina che a tutti sembrava perfetta, custodita per Dio, quella che a tre anni mentre saliva le scale non si voltò verso i genitori, come segno divino di predilezione, proprio lei aveva subito chiacchiere infami. Si preparava la vergogna amara. Gioacchino e Anna avrebbero voluto morire, anche se sapevano che lei... Diedero ai due da bere «l'acqua della prova». Bevendo l'acqua e girando attorno all'altare del tempio il mentitore si sarebbe coperto di macchie. Ma né su Giuseppe, né su Maria comparvero segni. Furono osservati da decine di volti induriti dal sole, assiepati dentro e fuori il piccolo tempio di Nazareth. Tra le gambe si infilavano pecore e galli. Attesero le parole del capo della Sinagoga. Anche le donne con Anna nell'ombra delle stanze di terra secca. E quando sentirono il sacerdote dire: «Non mentono», il volto dei più religiosi tra quegli uomini e donne furono traversati dalle nubi e da corse di cose strane.
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