giovedì 29 agosto 2002
Martiri, amici miei, dovete scegliere fra essere dimenticati, scherniti o ridotti a strumenti. Quanto a essere capiti: questo mai.C'è un indiscutibile fondo di verità in questa considerazione, un po' ironica e un po' amara, proposta dallo scrittore francese Albert Camus (1913-1960) in uno dei racconti del suo libro La caduta. Ne parliamo nella giornata dedicata dalla liturgia alla memoria del martirio di Giovanni Battista. È, infatti, vero che il buon senso, l'attaccamento alla vita, l'innata tendenza al compromesso fanno sì che i testimoni, pronti a dare la vita per un ideale o una persona, risultino sostanzialmente incompresi e incomprensibili.Anzi, alla fine nei loro confronti si consuma una sorta di paradosso quando vengono ridotti a una statua, persino ornata e venerata, da portare in giro durante le feste popolari e poi da riporre per il resto dell'anno sull'altare a loro dedicato per essere là dimenticati. Peggio ancora - e questo accade ai testimoni-martiri (come è noto, si tratta della stessa parola) cronologicamente più vicini a noi - quando il loro gesto viene frainteso e strumentalizzato da correnti o da interessi che nulla o poco hanno da spartire col loro messaggio e la loro azione. È, allora, necessario riportare il martire al cuore del suo stesso esistere e agire: se è un testimone autentico e non un fanatico, egli è per noi un segno di amore e di fedeltà, di donazione e di coerenza, di libertà e di totalità, non tanto un esempio di eroismo e di coraggio fine a se stesso.
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