I (labili) rapporti tra il Sessantotto e la Scuola di Francoforte. Fino al '77
sabato 22 novembre 2008
Nell'ultimo almanacco filosofico di "MicroMega", dopo una lunga serie di controversie etiche, filosofiche, politiche, giuridiche e teologiche, ricompare nelle ultime pagine una discussione che sembrerebbe superflua, ma forse non lo è. Gian Enrico Rusconi e Stefano Petrucciani, interrogati dalla redattrice Cinzia Sciuto, discutono dei rapporti fra il Sessantotto e la Scuola di Francoforte: rapporti che furono, per quanto posso testimoniare, assai labili. L'uomo a una dimensione di Herbert Marcuse ebbe un certo successo, ma nel movimento studentesco di allora Adorno e Horkheimer erano letti (e capiti) pochissimo. Quasi subito vennero considerati "conservatori" e tipici "intellettuali borghesi". All'Università di Roma un professore di filosofia marxista come Lucio Colletti, che aveva un certo seguito e era antihegeliano e trockista, disprezzava l'opera più nota e ambiziosa di Horkheimer e Adorno Dialettica dell'illuminismo: troppo pindarica, eclettica e rapsodica, dato che per denunciare la connivenza fra razionalismo e capitalismo (con il progresso che si capovolge in regresso) i due autori cominciavano niente di meno che dall'Odissea, quando Ulisse si fa legare per non cedere al canto delle Sirene.
Gli studenti abbandonarono presto la critica culturale per dedicarsi alla costruzione di uno, due, cento (piccoli) partiti rivoluzionari. Si cominciò con Che Guevara e Mao antileninisti. Poi si passò a Lenin, spesso senza escludere Stalin. Questa veloce estremizzazione iperpolitica aveva qualche presupposto teorico nella Scuola di Francoforte, secondo cui la democrazia capitalistica è in sostanza totalitaria. Il disprezzo della democrazia rese gruppi e movimenti sempre meno democratici. Li trasformò in sètte pronte a diventare clandestine e terroristiche. Dal '68 si arrivò al '77. I Francofortesi furono così accusati di essere stati degli estremisti, oltre che dei conservatori. La nuova moda era Heidegger, un filonazista che piacque a tutti: parlava dell'Essere, un argomento senza dubbio inesauribile, senza inizio né fine.
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