mercoledì 15 marzo 2017
Giorgio Onesti e Giordano Telotti, due nomi che alla massa dicono poco, ma per la microeconomia legata al gusto rappresentano tanto. Il primo viveva ad Abano Terme e fu il precursore di quelle che poi sarebbero diventate le boutique del gusto; il secondo, che ci ha lasciati pochi giorni fa a 67 anni, era il suo allievo migliore, che ora lascia l'eredità dei suoi saperi al figlio Mathieu. Li conoscevo bene entrambi, anzi mi furono maestri e amici nel mio lavoro di racconto dell'"Italia del gusto" sui giornali e su "Il Golosario". E devo a loro molto. Ma il problema è che tutto il Paese deve qualcosa a chi ha portato sviluppo economico nella nostra società. E se, con tutto il rispetto, quando si parla di prodotti e distribuzione oggi è facile dire Eataly, guai a dimenticare chi invece ha sviluppato un modello all'italiana, favorendo i negozi di prossimità, i paesi, perché la luce di un esercizio non si spegnesse grazie alla concorrenza dei discount. Ed è difficile rendersi conto del valore sociale che in un paese ha un negozio con le luci accese, deterrente allo sviluppo della delinquenza nell'ombra. Il problema è che questo negozio non spegne le luci solo se si distingue, altrimenti l'iper che ha aperto a pochi chilometri, se lo mangia. Commercialmente si sta smantellando l'Italia, ma nessuno ci fa caso. Giordano Telotti macinava migliaia di chilometri, su e giù per l'Italia, per scovare un produttore interessante, che soltanto una decina di negozi avrebbero gratificato vendendo i suoi prodotti. E i negozi che cercavano un motivo di distinzione trovavano in lui un alleato. Così facendo, questo signore portava sviluppo a due settori: il piccolo artigianato alimentare e il commercio. Ma se vai su Internet a cercare le tracce di questi maestri non trovi granché. Anzi, la cosa più grave è che in tutti i master di economia, corsi di marketing e libri che parlano di questi temi, non trovi una sola menzione dei mestieri che hanno portato sviluppo, come il loro. C'è un ministero per lo sviluppo economico, che immagino ragioni per macro imprese, senza pensare che la vocazione territoriale dell'Italia ha sviluppato anche micro imprese, che di fatto sono l'allevamento naturale della qualità, che ci riconoscono in tutto il mondo. Quante idee sono nate dentro a un mulino bianco, che oggi è solo un'icona pubblicitaria? Eppure i mulini che macinano a pietra grani italiani e antichi ci sono ancora, così come le torrefazioni che cercano varietà di caffè uniche e quant'altro. Giorgio Onesti e Giordano Telotti ce li hanno fatti conoscere tutti, arginando un appiattimento commerciale e distributivo che era alle porte. Ma i ministeri a che pensano, quando si tratta di guardare allo sviluppo? Solo ai grandi coi piedi di argilla, i cui marchi assai spesso vengono acquisiti all'estero?
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