mercoledì 17 agosto 2022
PaoloMassobrio
Chiamasi "menu degustazione" quella formula di offerta per cui lo chef propone un percorso a tema, avendo scelto lui i piatti da cucinare e il prezzo. Un tempo questo vezzo se lo concedevano soltanto gli chef famosi e super affermati; oggi lo propongono in tanti, in alternativa al menu alla carta (scelta libera dei piatti) oppure in esclusiva: prendere e lasciare. Personalmente accetto malvolentieri questa formula, ma tant'è: se sei in una comitiva di 12 e vai in visita a Matera, magari è più agile accettare il menu degustazione che ti chiede lo chef. E quindi manda la sua proposta dei piatti, dove il comodo risotto non manca mai e il prezzo è di 160 euro a testa, per sei portate. La comitiva si consulta e la metà dichiara che sei piatti sono troppi: si propone quindi un menu degustazione alternativo per sei persone con quattro piatti, e per altri sei con tre. Niente da fare, replica lo chef, e in ogni caso il menu, al di là del numero dei piatti, costerà al massimo 10 euro in meno. A questo punto si decide di andare altrove: locale meno noto, nessuna imposizione, prezzo equivalente a un terzo. E così vien fatto salvo il motivo per cui, una sera di agosto, 12 persone vanno a cena: stare insieme senza imposizioni. Questa metafora, mutuata da un episodio accaduto pochi giorni fa, risulta quanto mai attuale se la riversiamo sul teatrino della politica di questi giorni, dove è un continuo imbattersi in persone che ti dicono di non saper cosa votare, come se si fosse ribaltato un sistema: è lo chef (o il capopartito) che decide il tuo percorso, non il cittadino che magari paga anche le tasse e si illude di poter esprimere una rappresentanza. Chi siederà alla Camera o al Senato, insomma, è un rebus di difficile interpretazione e la sceneggiata dei 101 simboli presentati, altro non è che lo specchio di una politica che gioca con il fuoco. Una politica che prima ha mortificato la partecipazione abolendo le preferenze; poi ha creato aggregazioni che talvolta non hanno neppure un nome, se non quello del personalismo come regola. Al di là della fantasia dei simboli, che si presta a farci schernire in tutto il mondo, molti non hanno saputo rispettare nemmeno le più elementari regole del marketing. E dietro a quei nomi sbandierati si profilano più divisioni che intenti di sintesi. A Pignola (Potenza) hanno recuperato la statua lignea della Madonna della Fiducia, che evoca una parola di speranza per il futuro. I cittadini questo sentimento lo stanno un po' perdendo, ma perché gli "chef" non tornano sinceramente ad aver fiducia nel cosiddetto popolo?
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