sabato 28 marzo 2015
«Salutatemi i fiori del prato prima che la falce li tagli», scriveva mio padre dalla prigione alla sua famiglia lontana. La falce di oggi è quella guerra mai dichiarata che uccide, che alza il vento nei deserti, che sconvolge la vita di interi popoli, che ha incerte vittorie e infinite ingiustizie. I fiori recisi sono i bambini con gli occhi pieni di lacrime che muoiono senza sapere il perché. Metti il dito sulla carta geografica che va dai confini dell'Africa alla terre del Medio Oriente e troverai pochi paesi al riparo dalla vera pace. Ti chiederai chi fornisce tante armi a quella popolazioni già povere e in che moneta pagheranno a conflitto terminato. Guerre che si allargano in modo sotterraneo e allungano le mani dell'odio tra la gente che ascolta le ragioni e le promesse dalla Jihad. Partono per le stragi, tali sono i conflitti di oggi, anche i giovani d'Europa a allora ti chiedi cosa abbia insegnato la nostra millenaria civiltà, di cui tanto ci sentiamo orgogliosi, a chi vi aveva cercato vita, studio, lavoro. Quale forza ha quel credo religioso che spinge l'individuo a credersi l'unico giustiziere nei confronti di chi ha altra fede? E quale promessa più forte della vita, dell'amore, della bellezza, dell'abbraccio dei fratelli, del canto di un bambino sa offrire in compenso di un cercato e voluto personale sacrificio? Le antiche civiltà credevano nell'Eden dove le gioie umane avevano un riscontro maggiore, ma si trattava di una visione di pace serena dove il sapere era la più visibile ricompensa di una vita condotta con serietà e giustizia. Ma dove andava l'anima dei poveri, dei vinti, dei perseguitati? Il dolore sulla terra non aveva colore per il mondo dei trapassati per i quali si costruivano tombe fastose se avevano avuto ricchezze e solo un pugno di terriccio per gli altri. L'umanità ha sempre cercato di darsi una risposta accettabile allo sparire dal mondo visibile quando la causa è la malattia o l'età, ma la morte per violenza cercata, quasi in odio alla vita, è cosa dei giorni nostri quando non crediamo più alla pace e alla costruzione di un nostro futuro . L'egoismo, il ricorso al proprio vantaggio, la non fiducia nella parola altrui, il voltare lo sguardo altrove davanti a una mano che chiede, a un amico piegato da una situazione economica negativa, alle domande di aiuto che ci arrivano dalle pagine dei giornali, dalle immagini della televisione. Tutto questo è l'immenso grido che il tempo taglia in tante piccole voci, come i resti dell'aereo gettato tra le montagne dove la paura e l'orrore hanno seminato in brevi ali di farfalle la vita di 150 persone. Non ci resta che una preghiera: Signora fai tu luce sul nostro futuro e donaci la forza di vivere per amare.
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