domenica 7 luglio 2019
Giocate, giocate tanto, giocate a più non posso. D'estate è più facile, quindi giocate e il gioco ci salverà. Già, ma quale gioco? La parolina che gli inglesi chiamano play e nulla ha da spartire con il gambling, che in Italia c'è chi si ostina a chiamare gioco ma invece è azzardo, la parolaccia. Quello che è sociale e si gioca in compagnia senza l'inquinamento di denaro o ricompense lucrose, escludendo quello solitario e malato di chi si chiude nella machine zone e preme compulsivamente un bottone centinaia e centinaia di volte, oppure graffia tessere di carta seguendo qualche rituale magico.
Il gioco ci salverà perché è bello e gratuito e fatto in compagnia, e per salvarci abbiamo bisogno di bellezza, gratuità e compagnia. Salvarci da che cosa? Le cose che ci avvelenano l'esistenza, opprimono il cuore, tolgono il fiato all'anima. Se consumare è per molti il primo e perfino unico pensiero, il gioco non consuma ma produce e crea; se per essere perfetti, docili consumatori è necessario essere soli e ansiosi, il gioco si fa in compagnia e allegria; se rabbia e risentimento montano, il gioco spinge a collaborare e unire le forze; se il buon consumista è in eterna competizione, solo contro tutti, anche il gioco è a volte una competizione in cui però per vincere occorre collaborare e l'avversario non è un nemico da schiacciare, ma parte stessa del gioco, senza di lui non si potrebbe giocare e se gioca bene e vince nessun problema, è un invito a migliorarsi e superarsi per batterlo, infine. Chiaro perché oggi il gioco è atto squisitamente politico? Il gioco è cultura. Il gioco è pericoloso...
Niente è più bello di un paio di adulti che, sulla battigia, costruiscono un castello o una pista per le biglie. Qualche ragazzino attorno è una valida scusa per mettersi a giocare con la sabbia a una certa età, ma perché dovremmo aver bisogno di una scusa? I due adulti possono cominciare a giocare anche senza bimbetti attorno. Lasciate che facciano il bagno, divorino il bombolone con la crema o la focaccia, bevano il succo di frutta e intanto vi guardino di sottecchi. Che cosa stanno combinando quei grandi? Un pomeriggio un bimbo ebbe il coraggio di avvinarsi al mio castello - diciamo pure una città fortificata, con doppia cinta di protezione, mastio, torri d'avvistamento, stradine... i maschi costruiscono fortezze normanne, le femmine edificano esili castelli per principesse – e indicando l'ambiziosa fortezza mi disse: "Come si fa a farlo?". Senza pensarci risposi: "Sabbia, tanta tanta sabbia". Era un invito a portare sabbia, a diventare costruttore.
I bambini è bene che vedano gli adulti giocare. Così, quando saranno grandi, non gli sembrerà strano assecondare l'impulso a giocare che li assalirà impetuoso. E gli anticorpi si diffonderanno benefici nella società, qualunque società ci attenda.
Giocate, e giocate bene. Castelli grandi e complicati, tirati su con il badile chiesto in prestito al bagnino. Piste con il gran premio della montagna, curve paraboliche, chicane e perfino trabocchetti, che i puristi disdegnano essendo poco realistici: buche in mezzo alla strada? Poveri ciclisti... I puristi non vivono a Roma. Giocate con le bocce. Organizzate gare per i bambini. Coinvolgete le signore sottraendole all'orrida tortura dello stare immobili al sole a far nulla, o peggio a iniettarsi musica zum zum nelle orecchie, o addirittura sfogliare ridicolissimi rotocalchi. Riempiamo di giochi l'estate non solo in spiaggia ma anche in montagna, in campagna. E chi resta in città? Riconquistiamo i parchi. O, sotto il pergolato di un bar ospitale, sfidiamoci a calciobalilla. Chi non gioca è perduto, chi gioca si salverà.
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