domenica 17 dicembre 2017
C'è qualcosa insieme di vecchio e di nuovo, oggi, nell'aria di questa vigilia natalizia. Qualcosa che ha sapore di morte e contrasta con la consueta atmosfera di gioia per quella che si può definire "la festa delle feste della vita". Nonostante l'inquinamento di paganesimo, il miracolo di Dio che, gioioso anch'Egli, accetta di farsi uomo con tutto il costo di amore e di dolore, il fascino del Natale divino conquista anche coloro che sembrano insensibili all'evento.
Quel "qualcosa" di vecchio è il sapore di morte che proviene da chi sostiene la superiorità della morte artificiale alla vita naturale ed è tanto assurdo da fare della morte un "diritto". Eppure è ovvio che i diritti – quelli veri – sono stati fatti per garantire una buona vita agli uomini vivi. Alcuni "media", invece, festeggiano il biotestamento che, invece di beni e di ricordi, fa ereditare soltanto la morte e lascia che si diffonda quel "qualcosa" che si diceva. Il manifesto, per esempio, proclama: «Ora legalizziamo l'eutanasia». In altre parole: non aspettiamo la morte, ma impartiamola noi ai nostri cari. Il Giornale: «Festeggiamo e alziamo la posta», che è ancora l'eutanasia. E Libero: «Meglio tardi che mai, un passo avanti verso la libertà». Strana questa libertà di morire, ma per lo stesso quotidiano c'è di più: «Non è riconosciuto dalla nostra legislazione infame dire ciao alla terra». Infame, perché? La gente non ama quel ciao.
Invece per la Repubblica è la morte «la dignità del vivere» e cita «il personaggio Beppino Englaro: "Siamo tutti più liberi 25 anni dopo Eluana"», che era in stato vegetativo e fu fatta morire di fame e di sete. La Repubblica fa anche la conta dei "diritti civili": «1970 il divorzio, 1978 l'aborto di Stato, 2004 la fecondazione artificiale umana, 2016 il quasi matrimonio omosessuale», 2017 presentazione di una legge che lo traduca in "vero" matrimonio. Sembra la descrizione di un Giulio Cesare che torna da solo da tante battaglie, entra a Roma passando sotto l'arco di Costantino e annuncia al popolo: "Abbiamo sempre vinto, ma ogni volta i nostri sono tutti morti". Applausi.

GESÙ È IN ARRIVO
Come se il Natale non fosse quello di Gesù Cristo, ma quello commerciale o turistico, Il Tempo offre ai lettori una «Fuga dal Natale» e suggerisce di fare «trekking nella foresta di Belum, in Malesia» o altri «cinque luoghi suggestivi dove il Natale non viene celebrato» e nemmeno Babbo Natale c'è. Ma noi, invece, da queste pagine auguriamo buon Natale a tutti, perché Gesù è arrivato anche lì. Padre Andrea, prete della mia Parrocchia, ne è appena tornato dopo tre anni di missione e la sua nuova partenza, insieme con Gesù, è già programmata.
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