domenica 24 gennaio 2010
Conoscevamo i "cattolici adulti", manifestatisi in occasione del referendum sulla Legge 40 di fecondazione artificiale. Erano quelli che andarono comunque a votare perché si ritenevano tali. Ora Mario Pirani istituisce (La Repubblica, lunedì 18) una nuova categoria: «I cattolici seri». Sono quelli che lui ritiene fedeli alla laicità dello Stato e ne fa i nomi: «Quelli che ieri si chiamavano Scoppola o Elia, ed oggi si chiamano Marini, Fioroni, Prodi e tanti altri. Perché, come ricorda la Bonino, le battaglie per il divorzio e la difficile libertà di aborto non sarebbero mai state vinte, senza l'appoggio di milioni di cattolici credenti, uomini e donne». Ho già dovuto ricordare, domenica scorsa, che se il battesimo imprime il carattere indelebile di cristiano, a costui tuttavia non garantisce la fedeltà né la serietà. Senonché è proprio sulla serietà che Pirani inciampa. A parte Scoppola, non so come gli altri abbiano votato sul divorzio, ma so come, a cominciare da Scoppola, votarono sull'aborto: esattamente al contrario di come voleva la Bonino. Per questo sono davvero seri e perciò quello che Pirani chiama «il sogno di Emma» (avere l'appoggio dei cattolici) è un incubo.
HAITI PERCHÉ?
Anche quando ci fu il terremoto all'Aquila qualcuno chiese (per esempio su Libero del 9 aprile), «Perché il terremoto, perché proprio L'Aquila?». È almeno dal 1755, cioè dal terribile terremoto di Lisbona (dai 60 ai 90.000 morti sui 275.000 abitanti) che questo interrogativo si pone. Voltaire lo risolse nel modo più sciocco: "Dio o non è onnipotente o non esiste", sentenziò. Per due volte (martedì 19 e giovedì 21) alla analoga domanda di due lettrici Corrado Augias risponde su La Repubblica pressappoco alla maniera di Voltaire o, meglio, non risponde, brancola tra le citazioni, ma una risposta non l'ha e s'illude chi gliela chiede. Potrei ricordare ciò che l'ebreo rumeno Elie Wiesel, sopravvissuto all'Olocausto, narra in La Notte: che a quello sconosciuto il quale, nel Lager di Auschwitz e davanti a un bambino preso dalle convulsioni con la testa nel cappio della forca, chiedeva sarcastico: "Dov'è il vostro Dio?", un'altra voce sconosciuta rispose: "Dio è lì, vicino a lui, appeso alla stessa forca". Certo: da quando il Figlio di Dio ha sofferto sulla croce per redimerci, la sofferenza umana può avere un senso, ma questa risposta presuppone la fede. A un ateo come Augias si addice una risposta soltanto razionale. Se la questione è: "Dio esiste oppure no e, se esiste, non è onnipotente", si può replicare così: se Dio non esiste, niente si può spiegare e alla tragedia si somma la disperazione; se, invece, esiste, non può essere, per definizione, altro che perfetto, cioè onnipotente e buono. E allora, anche se il male resta un mistero, qualche risposta si può trovare. Si può credere, per esempio, che esso sia entrato nel mondo per il peccato dell'uomo ("Non mangerai di quell'albero o morirai") e poiché (parafrasando il Tommaso della Summa Theologiae) anche "malum est diffusivum sui", persino i terremoti potrebbero rientrare nelle tragiche conseguenze della sfida lanciata dall'uomo a Dio: "Nonostante il tuo divieto, mangio dell'albero e vivrò". Ma chi rifiuta questa stupida sfida sa che la speranza vince persino la morte.
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