I calcolatori letterari: avanzano i critici che odiano la letteratura
venerdì 25 luglio 2014
Lo
studio letterario computazionale o computisteria della letteratura si fa strada
e mira a conquistare il futuro. Devo dire che purtroppo uno dei più noti e
convinti protagonisti di questa impresa è il mio vecchio amico Franco Moretti,
da anni docente a Stanford, dove ha montato una specie di astronave affollata di
attivissimi ricercatori che arriverà a trasferirsi su un altro pianeta o su un’altra
galassia pur di vedere la letteratura terrestre dalla maggiore distanza
possibile. Perché questo? Perché Moretti ha deciso un paio di decenni fa di non
confondersi con quegli illusi che studiano la letteratura con passione
letteraria, cioè leggendo i libri, amandoli o disamandoli, ma continuando a guardarli
da vicino e a giudicarne il valore specifico e relativo. La letteratura vista da
lontano Einaudi)
è infatti il titolo di un breve libro nel quale Moretti espose anni addietro le
sue intenzioni scientifiche. Insomma, basta con il close reading di novecentesca memoria,
basta con la prossimità, poca confidenza con la letteratura. Il vero scienziato
è freddo e distante. Se si deve appassionare, si appassiona al successo dei
suoi studi, non alle cose che studia. Perciò ecco il distant reading, altrimenti detto studio quantitativo.
In un articolo sul Corriere della Sera Anna Meldolesi, non senza malizia ma con indubbio
realismo, ha così riassunto i precetti del ricercatore computazionale: «Primo:
scegliete dei romanzi da non leggere. Secondo: accendete il computer. Terzo:
calcolate, tabulate e mappate. Che cosa? La frequenza delle parole, la lunghezza
delle frasi, le relazioni geometriche tra i personaggi». Ci si potrebbe
chiedere da quali istinti primari nasca un tale tipo di studio. Anzitutto,
credo, da una malintesa idea della scienza, che dovrebbe cancellare la
soggettività di chi studia. Eppure altri scienziati hanno da anni teorizzato l’«intelligenza
emotiva». Perché gli scienziati del cervello non suggeriscono qualcosa agli
scienziati della letteratura? Potrebbero farlo, ma non servirebbe. La
computistica letteraria nasce dal fatto che aumentano gli studiosi di letteratura
che della letteratura non sanno che farsene.
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