giovedì 10 settembre 2020
Tra dieci giorni 150 anni da Porta Pia. Qui (8/9) ho già segnalato il contributo del collega Stefano Tomassini ("Repubblica, 6/9, Roma Cronaca, p. 17) sull'ultima "passeggiata" di Pio IX a via del Corso alcuni giorni prima della "Breccia": proprio come Francesco nel tempo di pandemia. Bella lezione di storia. E ieri ("Repubblica", Roma Cronaca, p. 9) un seguito: «Il messo del re nella città indifesa ma papa Pio IX non scende a patti». Racconta lo scomodo viaggio in treno da Firenze a Roma del conte Gustavo Ponza di San Martino che portava due lettere, una al Papa e una al segretario di Stato Antonelli, col preavviso dell'invasione.
Il rifiuto del Papa, in quel 9 settembre, fu immediato. Seguiranno altre pagine? Benvenute, ma la vicenda per la storia dovrebbe essere chiusa ormai da cinquant'anni. Un ricordo personale: per caso una mattina dei primi mesi del 1970 ero nello studio del cardinale vicario Angelo Dell'Acqua, presente il suo segretario padre Marco Malagola, francescano e poi per tanti anni missionario in Papuasia, quando squillò il telefono: era il Papa che affidava al suo cardinale vicario, indicato proprio come tale, il compito di celebrare a Porta Pia, nel 100º anniversario e nel contesto delle future rievocazioni del fatto, prevedibilmente diverse, una Messa di memoria, in sostanza un ringraziamento alla Provvidenza...
La cosa avvenne il 20 settembre 1970. Quella mattina Dell'Acqua rispose mettendosi in ginocchio... Non so se nella rievocazione il collega Tomassini arriverà a ricordare l'iniziativa a sorpresa di san Paolo VI, ma se arrivasse anche a quel 20 settembre 1970 sarebbe un'opera di verità. La realtà di questi 50 anni successivi può essere vista, pur con ottiche diverse, come lezione della storia, maestra di vita per tutti.
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