sabato 4 novembre 2017
Al sacro Convento di Assisi qualche giorno fa si è voluto presentare lo studio su un progetto di pacificazione dell'area Coreana. Mi trovai anch'io quella mattina su quella rocca sospesa su di una campagna fiorita di dolci colline, di chiese, di campanili. Il progetto era un invito alla pace di quella parte di Corea che ha promosso il prodotto della sua prepotenza inviando missili che hanno segnato l'arco di cielo che arriva al Giappone. Ma come condividere quella cultura della solidarietà che ancora oggi vuole esportare le leggi della democrazia attraverso le armi, anche solo con la minaccia di potenzialità nucleari?
Il seminario aperto in quella città della pace con la partecipazione di professori di Tecnologia nucleare, di studiosi del tema anche sul piano industriale ha sollevato un interessante dibattito al quale ha preso parte anche il Ministro consigliere presso l'Ambasciata della S. Sede. La crisi Coreana che noi seguiamo in questo periodo alla nostra televisione, quasi come un gioco d'azzardo, potrebbe in un attimo infuocare tutta l'umanità.
Il progetto di una possibile pacificazione dell'area è stato presentato con passione da De Masi presidente di Atoms for Peace, l'organizzazione che promuove usi pacifici dell'energia nucleare. Egli ci ha ricordato che la sottoscrizione, avvenuta da poco del Trattato sulla messa al bando delle armi nucleari da parte di 22 Paesi non ha ottenuto la firma di nove potenze nucleari: Usa, Francia, Gran Bretagna, Cina, India, Pakistan, Israele, Corea del Nord. La stessa Europa ha perduto questa occasione.
Il quadro che abbiamo davanti, anche noi che non apparteniamo all'ambiente di questi studiosi, non è stato certo confortante: le due Coree sono inserite in alleanza con altri Paesi come la Cina o gli Stati Uniti. Come rientrare nel progetto di pace nucleare proposto degli organizzatori della Conferenza prendendo la parola sulla possibilità di un disarmo equilibrato e progressivo? E quale progetto proporre per la conversione nucleare in combustibile ed energia? Quale piano proporre per la pacificazione coreana in un programma strategico industriale?
Domande non per noi che non apparteniamo a quel mondo della tecnica, né della politica, e che in ogni caso saremmo delle vittime delle prepotenze altrui. Lascio la sala della conferenza e si apre al mio sguardo la dolce campagna d'Assisi appena sfiorata dai raggi morenti del sole e mi torna alla mente la frase che concludeva, quando ero giovane, un mio progetto che non aveva trovato conclusione: «non importa, ci penserò domani».
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