mercoledì 2 giugno 2004
Quando i nazisti sono venuti a cercare i comunisti, io non ho detto niente. In effetti non ero comunista. Quando hanno messo in prigione i socialdemocratici, io non ho detto niente. In effetti non ero socialdemocratico. Quando sono venuti a cercare i cattolici, io non ho detto niente. In effetti io non ero cattolico. Quando sono venuti a cercare me, non c'era più nessuno per protestare. Aspre nelle loro verità sono queste parole di Martin Niemöller che fu a capo della lega dei duemila pastori evangelici tedeschi che dichiararono pubblicamente la loro avversione al nazismo, alle sue teorie e scelte politiche e si schierarono in favore e a tutela degli ebrei perseguitati. La sua è una lezione sempre valida e colpisce un peccato spesso in agguato, quello del "pilatismo", dell'omissione, del guardare dall'altra parte a difesa del proprio quieto vivere o dell'interesse personale. Aveva ragione, pur nella paradossalità della frase, Pasolini quando in Umiliato e offeso dichiarava: «Lo sapevi, peccare non significa fare del male:/ non fare il bene, questo significa peccare». Quante volte siamo svelti nel tacere, nell'ignorare, nel dissociarci, nel badare ai fatti nostri, mentre accanto a noi si perpetrano ingiustizie, si consumano vergogne e si proclamano falsità. Certo, i vantaggi di questo disinteresse - come tutte le scuse accampate - sono molteplici, soprattutto per chi ha il chiodo fisso della carriera, del successo, del perbenismo. Cristo è stato proprio all'antipodo di questa scelta e con coerenza e coraggio si è incamminato fino alla sorte estrema, senza ignorare, tacere, rinchiudersi in se stesso. A differenza di quel sacerdote della parabola che davanti allo sventurato «passò oltre dall'altra parte"» (Luca 10, 31).
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: