martedì 15 settembre 2020
Pensare e poi scrivere? Oggi spesso in pagina non è più così: si parla a un microfono e lo scritto viene da solo, anche senza vero pensiero, sullo schermo del computer. E solo così si capisce ciò che va in qualche pagina. Per esempio grande titolo sul “Riformista” (10/9, p. 8): «Ancora eravamo l'Italia da guerre di religione». Nel sommario e nel testo leggo che «Papa Pio XII era un anticomunista militante, e gli Usa nel 1953 mandarono a Roma come ambasciatrice Clara Boothe Luce… una anticomunista ossessiva» che «pretendeva di dare al Papa lezioni di anticomunismo» al punto che lui «un giorno esplose: “Signora, la prego di credere: sono cattolico anch'io”»! Chi scrive? Paolo Guzzanti, giornalista di grande prestigio, che tra altro ha ripreso da Verga anni orsono il richiamo a Rosso Malpelo a lungo firma-pseudonimo di questa rubrica, ma nel caso il ridicolo è evidente. Pensabile allora, o anche sempre, un Papa non “anticomunista”, di quel comunismo che era Lenin e Stalin, soppressore di ogni religione e autore delle stragi per fame nell'Ucraina ortodossa e cattolica? Sembrerebbe anche mancanza di senso del ridicolo: chi scrive non ha pensato prima! Ma talora, e a cura di chi pubblica, è anche peggio, in piccolo o in grande. Al piccolo provvede ieri (“Giornale”, p. 30) una lettera che ammonisce: «Il vero Papa è quello esiliato a Castel Gandolfo». Sic! Insomma: Benedetto sempre in vacanza, come il senso del ridicolo da certe parti. Peggio ancora (“Foglio”, 10/9, p. 1) a firma ritenuta autorevole una dichiarazione di valore globale attribuita a chi sta a Roma, e non a Castel Gandolfo: «Questo Papa è tutto moralismo, ideologismo pauperismo. E ora se la prende pure con la ricerca sui vaccini. Che peccato»! Leggi e subito, e ti viene solo una piccola replica: che peccato! Se si scrive senza ascoltare, senza leggere e senza pensare spesso finisce così.
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