venerdì 6 febbraio 2004
Passate in rassegna le case e le famiglie distinte per ricchezza e per abbondanza dei beni" Se risalite alla sorgente di quell'opulenza, ben difficilmente ne troverete una dove non si scoprono, all'origine e al principio, cose che fanno tremare. Ero ancora uno studente di teologia quando scoprii nella vecchia biblioteca del parroco del paese di mia madre, ove trascorrevo le vacanze, i dorsi a fregi dorati dei Sermoni di Louis Bourdaloue, il predicatore gesuita più ascoltato e ammirato della Francia del Seicento. Alla morte di quel parroco, quella serie di tomi mi fu donata e rimase nella casa della mia famiglia. Passando dai miei nei giorni scorsi, ho casualmente ripreso in mano quei volumi ed ecco, al "Sermone sulle ricchezze", una citazione piuttosto aspra e netta sui patrimoni eccessivi. Si tratta di un tema che già affiorava in s. Giovanni Crisostomo e in s. Ambrogio. Lo riprendo per una riflessione più attuale, dopo i mesi di scandali finanziari, anzi di vere e proprie truffe, di cui siamo stati tutti spettatori. E mi riapproprio delle parole che avevo annotato, desumendole proprio dalla lettera che un lettore milanese aveva indirizzato al giornale qualche settimana fa:
«Perché la morale cattolica non prende chiaramente posizione sull'evasione fiscale e sulle grandi truffe dichiarandole furto e non le condanna apertamente come tali, senza adito a concessioni all'italiana?». Parole sacrosante e adatte anche alle piccole furbizie e scorrettezze che un po' tutti commettiamo e da cui troppo sbrigativamente ci assolviamo. Il declino pubblico della morale non deve mai giustificare le nostre più modeste scelte immorali personali.
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