mercoledì 15 febbraio 2017
Abitualmente, quando ci muoviamo da un posto a un altro sappiamo il perché. Ma - dobbiamo riconoscerlo - un siffatto viaggio è troppo breve. Un viaggio che si fa dando ragione dei suoi motivi non è il viaggio. Il viaggio vero è quello in cui la domanda non si risolve, anzi si amplifica. Dove le risposte provvisorie non interessano più. Stiamo. Veniamo. Camminiamo. Siamo. Non sono il sapere o l'utilità che definiscono la vita, ma l'essere stesso nella sua espressione misteriosa e profonda. Per esempio: guardiamo un giardino, ci piace, non ci piace, interveniamo, tagliamo, potiamo… e d'un tratto ci ritroviamo con un giardino ossessionato da figure geometriche, assediato dall'ansia di ottenere forme riconoscibili o perfette. È bene sapere che il nostro desiderio di organizzazione può essere ingannevole, perché la vita è viva, e nulla si sovrappone a questa verità. Per questo credo che nella vita dobbiamo, sì, desiderare che le nostre aiuole siano ben ordinate e fiorite, e che in esse cresca ciò che è sotto il nostro controllo. Ma non possiamo anche non desiderare, e desiderarlo ardentemente, che vengano a fiorire alla nostra porta fiori selvatici, fiori di cui non conosciamo il nome. Non sarà, questa, la necessaria apertura all'imprevedibilità dello Spirito? La calligrafia dello Spirito Santo è la sorpresa in forma di domanda.
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