mercoledì 11 agosto 2010
Il nome di Pierre Boulle forse non dice molto al lettore medio italiano, ma se si cita Il ponte sul fiume Kway oppure Il pianeta delle scimmie, quasi tutti sanno di che cosa si sta parlando, e moltissimi magari sentiranno l'impulso di fischiettare la celebre marcetta che meritò uno dei sette Oscar che nel 1958 toccarono al film di David Lean. Ebbene, entrambi i film sono stati tratti da romanzi di Pierre Boulle (1912-1994), del quale l'editore Liberilibri sta ultimamente pubblicando romanzi meno famosi ma non meno validi come ÀLa faccia, o Il procuratore di Bergerane (pp. 228, euro 15). Protagonista di questa storia, uscita in Francia nel 1953, è l'inflessibile procuratore Berthier, uomo del Nord assegnato alla cittadina provenzale, il quale peraltro trova il modo di fidanzarsi con la segretaria Mireille, che di lì a poco condurrà all'altare. Ebbene, proprio mentre è con la fidanzata per un picnic sulla riva del Rodano, Berthier scorge una ragazza ferita che si avvia zoppicando verso l'acqua forse per medicarsi, ma mette un piede in fallo e rapidamente scompare nei gorghi. Nessun testimone: Mireille è addormentata e lo stesso Berthier ha osservato la scena nel torpore postprandiale: avverte che avrebbe dovuto prestare soccorso, ma non voleva svegliare Mireille e tutto si è svolto così in fretta che gli rimane solo il rimorso, oltre al rimpianto di non aver fatto la figura dell'eroe agli occhi della fidanzata. La notizia della scomparsa della ragazza mette in subbuglio il piccolo paese, e quando il cadavere viene rinvenuto qualche giorno dopo, tutti sospettano di Guillaume Vauban, giovane debosciato con cui la ragazza aveva una relazione, figlio del riccone della zona, che gode di ampie protezioni in alto loco e che già altre volte aveva tratto dai guai l'indocile rampollo. Tutti gli indizi sono contro Vauban, e la popolazione si aspetta una punizione esemplare per il bellimbusto che l'aveva fatta franca troppe volte. I collaboratori di Berthier, cioè il giudice istruttore Charvin e il medico legale Rouve, subiscono pressioni dal predecessore di Berthier, evidentemente allertato dal padre dell'imputato, affinché trattino con indulgenza il caso, e poi lo stesso Berthier è oggetto di ricatti che potrebbero costargli la carriera. Ma Berthier è ormai immedesimato nel ruolo del giustiziere, vuole dare soddisfazione alla gente e ridare prestigio alla magistratura, denunciando le minacce ricevute. Agli occhi dell'opinione pubblica, e soprattutto agli occhi dell'adorante Mireille egli è ormai l'eroe senza macchia, mentre invece è un criminale che ha chiesto la condanna a morte di un innocente per coprire un suo momento di quasi involontaria viltà, nell'omissione di soccorso. Infatti Vauban aveva sì picchiato la povera ragazza, ma non l'aveva gettata nel fiume: lo stesso Berthier, infatti, aveva ben visto che nel fiume la ragazza era scivolata, ancora viva. Una storia amarissima, che appare di singolare attualità in questo periodo di polemiche sul ruolo e sul funzionamento della magistratura. Luigi Domenico Cerqua, magistrato del Tribunale di Milano, nella postfazione si interroga sul rapporto tra giustizia e legalità, riconosce la fondatezza di alcune critiche alla magistratura, ma svolge una prevedibile difesa d'ufficio. «Non è facile la professione del magistrato», conclude, ma ben più difficile ci sembra la situazione di un innocente come Vauban quando finisce nella rete giustizialista di un Berthier. Dal romanzo di Pierre Boulle è praticamente impossibile trarre un film, giocato com'è sulle sottigliezze psicologiche di una vicenda con molte sfaccettature. È dunque un caso di letteratura autentica.
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