sabato 4 luglio 2020
Tra gli effetti della pandemia non c'è solo la sfida tra virologi "pessimisti", che prevedono una seconda ondata di contagi, e colleghi ottimisti convinti che il peggio sia alle nostre spalle. Una contrapposizione simile si sta creando anche tra gli economisti. Secondo le stime più pessimistiche ben il 50% delle attività imprenditoriali a livello globale sarebbe a rischio, mentre altri autorevoli studi quotano la percentuale di aziende che dovrà chiudere i battenti entro l'anno tra il 10 e il 15%. Purtroppo la struttura tipica del sistema imprenditoriale italiano, caratterizzato al tempo stesso da un numero superiore di micro e piccole imprese sottocapitalizzate e da una forte presenza nei comparti più colpiti dalla crisi post-Covid, posiziona il nostro Paese tra quelli più a rischio. Le uniche certezze, sulla base dei primi dati disponibili, riguardano l'estrema eterogeneità degli effetti della crisi nei diversi settori. Viaggi, trasporti, alberghiero e automotive sono i settori più colpiti. In questi comparti il pericolo principale deve ancora materializzarsi: i danni principali non derivano infatti dallo stop simultaneo di produzione e consumi, ma dall'estrema incertezza sui tempi di "normalizzazione" che risultano imprevedibili. È evidente in questi ambiti l'inefficacia della strategia generale di supporto pubblico a imprese e consumatori: senza provvedimenti ad hoc del Governo, una parte rilevantissima della produzione, dell'occupazione e del know how andrà perduto. E si tratta, in quasi tutti i casi, di settori che fanno parte della "vocazione produttiva" italiana nell'attuale divisione globale delle specializzazioni produttive e delle competenze. Al contrario software, telecomunicazioni e farmaceutica risultano i comparti più al sicuro: in questi ambiti l'attività produttiva non si è (sostanzialmente) mai fermata, mentre vendite e margini sono aumentati insieme al "valore strategico" delle relative produzioni nel sistema economico e sociale. In ogni caso, in tutti gli ambiti la crisi rappresenta uno spartiacque mettendo in discussione modelli di business, assetti di lavoro, canali di vendita, rapporto con i clienti. Un cambiamento così profondo rende indispensabile una "managerializzazione" spinta, accrescendo la quota di competenze esterne necessarie nelle piccole e nelle medie imprese, e aumentando il valore degli investimenti in formazione dei futuri collaboratori e in motivazione degli attuali. «Quando tutto sembra andar male, ricorda che gli aerei decollano contro vento, non con il vento a favore» diceva Henry Ford. È lo spirito che permea di sé molti imprenditori italiani.
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@FFDelzio
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