sabato 26 aprile 2014
Miguel Aguilar Alveal, 41 anni, vende caramelle in un chiosco di Valparaíso. Nell'ultima settimana, ha lavorato giorno e notte per spegnere l'incendio che ha devastato la città, uccidendo 15 persone. E Per il suo impegno non ha ricevuto alcun compenso. «Ci mancherebbe, lo faccio per vocazione». Miguel è uno dei 40mila pompieri volontari del Cile: non solo non sono pagati ma si auto-tassano in “occasioni particolari”. Come questa: la ricostruzione di Valparaíso a cui i vigili stanno collaborando in prima linea. Tutti svolgono altri impieghi per vivere. Quando scatta l'emergenza, gli “angeli” – come spesso li chiamano –, però, si mobilitano per combattere le fiamme. Va avanti così dal 1851, quando l'istituzione fu fondata proprio a Valparaíso. Non è facile venire ammesso nella squadra: è imprescindibile un lungo periodo di formazione e un anno di addestramento a tempo pieno. Eppure questo non scoraggia gli aspiranti, anzi. Il numero è cresciuto dal 2010, quando tanti entrarono nel gruppo per contribuire al recupero dei minatori. Proprio dopo l'impegno straordinario di Valparaíso, alcuni media hanno rilanciato la questione della necessità di una remunerazione per i vigili del fuoco. Immediato, il rifiuto del presidente dell'organizzazione, Miguerl Reyes. «Non lo facciamo per denaro. Non vogliamo gravare sulla comunità che serviamo per fraternità, umanità e solidarietà». Non stupisce che, nel recente sondaggio dell'Università Cattolica cilena, i pompieri figurino tra le istituzioni più apprezzate dalla gente.
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