giovedì 22 giugno 2017
È generalmente condivisa l'opinione che oggi, all'interno degli Stati membri dell'Ue, le preferenze degli elettori e la loro stessa propensione a recarsi alle urne dipendano, in larga misura, dalle opinioni e dalle valutazioni sul presente e sul futuro dell'Europa, dalla fiducia nel percorso di integrazione e nella capacità dell'Unione di aiutare o meno le risposte nazionali alle difficoltà economiche, alle minacce terroristiche e ambientali, ai nuovi scenari posti dalle migrazioni. Le recenti elezioni francesi e britanniche ne hanno dato ampia conferma. Meno condivise sono, naturalmente, le indicazioni sugli obiettivi e sugli strumenti del cammino europeo. In particolare, a fronte del ruolo crescente dei mercati e della finanza, ci si divide tra chi auspica una più stretta unione, al fine di adeguare il livello della decisione politica democratica a quello delle decisioni economico-finanziarie, e chi reputa preferibile assecondare spinte nazionalistiche, contrapponendo l'identità nazionale, assunta come autoevidente e buona, a quella europea, percepita come sfuggente e problematica. Ancora: in una più stretta unione politica ed economica quale ruolo svolge il diritto, storicamente tra i motori dell'integrazione? I prossimi mesi saranno importanti per rispondere. È infatti attesa entro fine anno la decisione della Corte di giustizia Ue sul c.d. caso Taricco II. Sollecitata dalla Suprema Corte a confermare che le regole europee devono essere compatibili con l'identità costituzionale dello Stato membro e che tale valutazione spetta alle competenti autorità nazionali (nella specie, se un certo articolo del Trattato che, come interpretato dal giudice europeo nel caso Taricco-I, obbliga il giudice italiano a disapplicare la legislazione nazionale sulla prescrizione dei reati, sia compatibile con il principio di legalità in materia penale), la Corte di Lussemburgo dovrà esprimersi di nuovo su un caso la cui delicatezza è complicata dalla circostanza politica che verte su un istituto (la prescrizione dei reati) la cui disciplina è oggetto di forti critiche, oltre che su una tipologia di reati (frodi fiscali) da noi purtroppo diffusa. Questioni delicate anche perché toccano i confini tra legislazione e giurisdizione. Nei confronti dell'ordinamento italiano, la cui Costituzione ha previsto, a certe condizioni, limitazioni (non cessioni) di sovranità, non sono possibili soluzioni sbrigative e unilaterali alle eventuali tensioni tra principi supremi della forma di Stato e vincoli sovranazionali: in altre parole, l'Unione europea del diritto e il diritto dell'Unione europea sono due prospettive che devono convergere. Nei mesi che precedono la risposta della Corte di Lussemburgo, riflettere anche su questi temi non può che far bene alla causa dell'Europa
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