martedì 28 maggio 2019
Qui (23/5, p. 10) Alessandro Zaccuri – «Recalcati e il silenzio di Dio nel Getsemani» – coinvolge anche la notte del giovedì nel mistero appassionante del grido di Gesù in Croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» Questo il suo incipit: «E se fosse la domanda a dover essere messa in discussione?» A me pare importante che la sua risposta prenda come un'indicazione di strada proprio in questo rovesciamento, e così la domanda è anche vera risposta... Non si allude, qui, al problema del “silenzio” di Dio trattato in Giobbe e in cento altri testi del Primo Testamento, ma al fatto che così la questione è affrontata con indicazione non solo della domanda, ma anche e soprattutto della risposta. Cercando così di andare in fondo al problema ti accorgi che quel “grido” che pare domanda è solo l'inizio per arrivare alla risposta vera. E infatti la domanda è alla lettera l'inizio del Salmo 22, che l'ebreo fedele conosce a memoria. Ma l'ebreo fedele conosce anche il Salmo 30, ove lamento e interrogazione diventano fiducia totale che si conclude con queste parole, «nelle tue mani abbandono il soffio della mia vita!». Il primo testo è la descrizione crudele della condizione del morente condannato alla morte che versa il suo sangue – a cominciare appunto dal Getsemani che Zaccuri richiama fin dal titolo – e nel secondo c'è, anche qui alla lettera, l'ultima parola del Crocifisso, ove tutto si perde nella realtà di Dio. Nessuno scandalo quindi nel ricordo di Getsemani e Calvario col grido che pare protesta senza risposta, ma letto bene è fiducia e speranza che si abbandona alla paternità infinita. La parola di Dio è sempre più profonda delle nostre prime impressioni: ascolti, pensi, comprendi e contempli: anche nel Getsemani e sulla Croce la vita intera diventa preghiera... E tutto è Grazia!
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