venerdì 24 maggio 2013
“Lupus” colorato e, dunque, più che mai personale. Qui, ieri, prima pagina in alto leggo i titoli per la rubrica di Rondoni, «Rosso vivo» e – tutt'altro argomento – a p. 13: «È morto don Gallo: Prete di strada per i più deboli», anche col ricordo del suo vescovo. Sugli altri giornali conto almeno 35 articoli: diverso tenore, ma in genere belle memorie. Mi colpisce però il titolo del “Resto del Carlino”: «Don Gallo, il prete rosso». Un “titolo” sentito anche di persona e si sa, Rosso Malpelo ha un debole per il rosso: è anche il colore dei testimoni. Tra l'altro sul “Fatto” (p. 1) annoto questa riga del direttore: «Ricordo don Andrea Gallo seduto a tavola, Gesù allegro e intorno la compagnia dei suoi apostoli raccolti laceri e perduti…». Certo: lì lo hanno usato solo quando diceva ciò che dicevano anche loro, ma il passaggio da quel “don” a “Gesù”, per quanto furbo e strumentale, fa pensare. A modo suo, tutto suo e talora anche molto discutibile, mi pare che don Andrea sia stato, nonostante parecchie pause dovute a qualche “accidente”, un testimone di Cristo e della Chiesa, che lui chiamava sempre “la mia Chiesa”. Inutile qui ricordare le “pause”, note ai lettori, e certo anche a lui, ma penso di poter anche dire, senza pretese di completezza, che del Vangelo “don” Andrea è stato testimone, aiutato, compreso, sopportato e anche in ultima analisi scusato dai suoi vescovi – Siri, Canestri, Tettamanzi, Bertone, Bagnasco – durante tutto il suo lungo apostolato originale, talora persino ostentatamente “anarchico”: un testimone del Vangelo della “tenerezza” per gli ultimi, della “misericordia” per tutti quelli che imparano a chiedere perdono, anche provocatoriamente. E certo aveva, forte, «l'odore delle pecore» sane o da risanare, che somiglia tanto a quello del Buon Pastore… Una preghiera “rossa” per don Andrea.
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