martedì 2 dicembre 2014
Titoli: «Inchini e silenzi. Il Papa conquista il cuore di Istanbul» (“La Stampa”, Tornielli), «Storico inchino con il Patriarca» (Ansaldo, “Repubblica”). «Francesco e Bartolomeo come fratelli nella speranza» (Falasca, qui). Ancora: «Quell'inchino, un'invenzione che sconvolge pretese di supremazia». «Gesti e abbracci» (Accattoli e Vecchi sul “Corsera”). Il viaggio in Turchia collana di stelle che fanno luce in tante direzioni. Tutto a posto? Tutto fila via liscio? Occorre ricordare, e Francesco lo ha fatto a modo suo, che c'è anche altro. Sia nella Chiesa cattolica sia nelle altre Chiese c'è anche resistenza al cammino ecumenico in avanti, e per tanti motivi. Le “novità” sconvolgono, e “novatores” è stato l'epiteto con il quale per decenni anche recenti, sia a Roma che altrove, venivano indicati al sospetto tanti che allora anticipavano il futuro. Qualcuno, quando ascolta cose che non gli piacciono, vede in gioco… la fede. Perciò sul “Corsera” Andrea Riccardi segnala, all'interno della Chiesa e della Curia, anche quel po'di «sintonia che manca». Brontolii e rimproveri più o meno diretti esplicitamente a lui, chiari segni di resistenze… E lui, il Papa? Parlando ai cronisti sul volo di ritorno a Roma, ha voluto segnalare (Giansoldati: “Messaggero”, ieri, p. 13), che «nella Enciclica Ut Unum Sint» quanto al modo del «primato petrino» lo stesso Giovanni Paolo II aveva suggerito di «studiare» per andare avanti. E sempre lì, interrogato su «come affronterà le critiche di coloro che non capiscono i gesti di rottura», risponde tranquillo: «Con questi gruppi di conservatori dobbiamo essere rispettosi e non stancarci di dialogare, di catechizzare, senza insultare, senza sparlare, senza sporcare…Mitezza e dialogo». Dentro e fuori lezione mite di gesti e parole: la misericordia è anche questo.
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