giovedì 30 ottobre 2003
Per comprendere noi stessi, per illuminare il cammino non ancora percorso, ma che il futuro ci riserva, dobbiamo comprendere Gerusalemme e Atene. Così scriveva Leo Strauss in uno dei saggi dell'opera collettiva Gerusalemme e Atene (Einaudi 1998), dedicata al pensiero politico dell'Occidente a partire da Platone. Sono là, infatti, le radici della nostra cultura ed è insensato ignorare quest'anima che ancor oggi ci alimenta e ci rende meno barbari o superficiali. Quelle due città possono essere assunte anche come simbolo della fede e della ragione che sanno coesistere e fruttificare in armonia. Certo, non possiamo, però, dimenticare che alle nostre spalle si ergono anche Babilonia e Sparta, le città dell'oppressione imperiale e della forza. La nostra storia rimane sospesa tra questi due binomi, tentata com'è di oscillare ora verso il dialogo fecondo ora verso lo scontro letale. L'osservazione di Strauss, che leggo a distanza di anni dalla sua pubblicazione avvenuta nell'originale americano nel 1983, mi spinge a una riflessione più semplice destinata a tutti i lettori, anche a quelli che non si confrontano con le questioni storico-filosofiche. Stiamo diventando sempre più "smemorati". E non soltanto perché la frenesia contemporanea macina tutto con estrema celerità ma anche perché cancelliamo senza rimpianto e imbarazzo i grandi valori che ci hanno nutrito e resi capaci di libertà, di giustizia, di pace, di cultura e di spiritualità. Impressiona vedere come le nostre metropoli siano solo capaci di ostentare la tecnologia informatica quale vertice della loro creatività oppure la vanità inconsistente della moda. Ricordare Gerusalemme e Atene vuol dire ritrovare l'intelligenza e la bellezza, la ricerca e l'illuminazione, la vita e la speranza, la fede e la ragione.
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