martedì 20 luglio 2010
Ormai in pagina è gara aperta, con qualsiasi pretesto: dagli a Chiesa e Vaticano. Dicono che così fanno "gli anglosassoni", perché lo fa il "New York Times"! Succede perciò che in vista della difesa delle vittime e della riparazione dei loro diritti violati, un documento vaticano ribadisca la condanna della pedofilìa e ne aggravi le pene menzionando nell'elenco dei "delicta graviora" (superlativo relativo, e non assoluto) anche la violazione di sacramenti come Eucaristia e Ordine, e perciò anche l'ordinazione delle donne, ripetendo che è contro la legge canonica cattolica. Normale? Sì, ma c'è "la gara", e allora "Europa" (17/7, p. 1) strilla lo scandalo: «Pedofilia e donne prete, lo stesso tabù»! Il tutto con riflessioni che paiono dotte per collegamenti storici e documentari, ma che nel caso specifico sono distorsioni di ciò che è scritto. Sarebbe come accusare i Dieci Comandamenti scrivendo che siccome vi si legge sia «Ricordati di santificare le feste» che «Non uccidere», allora per Chiesa ed ebraismo non partecipare al culto e al riposo festivo costituirebbe colpa equivalente all'omicidio. Tutto è guidato da quell'intenzione fattasi gara: darla in testa a Chiesa e preti! E con "Europa" si allineano (18/7) "Repubblica", "Unità", "Fatto" ecc.! Invano la Santa Sede ripete ufficialmente (stesso 18/7, a firma monsignor Scicluna) che «Atti sanzionati nello stesso documento non per questo (sono) dello stesso genere». Niente! Il mio vecchio amico Fortebraccio scriverebbe che "Lorsignori" i documenti li commentano a caldo, anzi a caldissimo, ma non li leggono. Dovessero infatti dirne bene? Mai e poi mai!
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