martedì 5 maggio 2015
Mentre il mondo della scuola italiana è agitato da una nuova fase di dibattiti e proteste, ci sono esperienze attuate negli istituti del nostro Paese che forse non rimarranno negli annali e sulle pagelle, ma che attestano come sul campo il rapporto educativo riesca a offrire alle giovani generazioni quell'apertura alla realtà e alla vita che la scuola non dovrebbe perdere di vista. È il caso – tra i molti altri – del semplice ma eloquente gesto messo in atto da un gruppo di studenti che frequentano gli ultimi due anni del Liceo classico statale «Norberto Turriziani» di Frosinone, che stanno dedicando alcune ore dei loro pomeriggi a prestare servizio come volontari presso la mensa dei poveri aperta di recente nel capoluogo ciociaro da Comunità di Sant'Egidio e Caritas diocesana di Frosinone-Veroli-Ferentino. È bastato che l'insegnante di religione dell'istituto parlasse agli alunni di questa iniziativa, unica nel suo genere a Frosinone, come luogo di concreto incontro con le realtà del disagio sociale, dell'emarginazione e anche con la condizione dei rifugiati approdati in Italia, perché gli studenti rispondessero subito all'appello, secondo la loro libertà e possibilità. Nei pomeriggi alla mensa, i ragazzi mettono in campo, oltre alle braccia per servire a tavola o preparare i pasti agli ospiti, italiani e stranieri, la loro peculiare sensibilità umana. Una lezione di «buona scuola», nella quale il suono della campanella non è atteso, per una volta, come una "liberazione".
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