domenica 7 marzo 2004
Mentre l'uomo ha sulle spalle millenni di storia faticosa e ingrata, la donna esce appena oggi dalla soggezione, fresca e riposata, carica di energia e di voglia di rifarsi contro l'oppressore maschio. Domani si è soliti celebrare la giornata della donna con una certa dose di retorica, col solito ricorso alle mimose, con qualche ipocrisia e, si pensa, un po' di coda di paglia nei maschi. Ho voluto anticipare ad oggi, data l'assenza lunedì del nostro giornale nelle edicole, una riflessione sulla questione femminile e l'ho fatto con le parole, forse provocatorie, di uno scrittore vibrante e persino satirico ora dimenticato, Luciano Bianciardi (1922-1972): esse sono desunte da uno dei suoi romanzi più noti, La vita agra (1962) e respirano il clima di quegli anni con un femminismo piuttosto aggressivo che alzava la testa contro «l'oppressore maschio». È, comunque, abbastanza vero che il Novecento ha segnato una svolta significativa nella storia faticosa di una piena emancipazione femminile. Ma io vorrei prendere spunto da un frammento della frase di Bianciardi, quello sulla freschezza e l'energia della donna. Purtroppo anch'essa ormai si sta uniformando allo stile pesante e un po' morboso dei nostri tempi; eppure la sua ricchezza sarebbe proprio in quella freschezza di cui abbiamo assolutamente bisogno, in quella energia capace di smuovere i luoghi comuni. Ci manca la tenerezza, la delicatezza, la finezza, l'acutezza, la fantasia, la creatività che la donna custodisce dentro di sé quasi come suo patrimonio spirituale e che spesso " e la televisione ne è la prova lampante " cela o dissipa per adeguarsi a un certo modello mascolino forzuto, banale, volgare e spregiudicato. E, invece, a tutti, uomini e donne, è ancora necessaria quella freschezza e quell'energia interiore.
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