sabato 8 febbraio 2014
«Governare – scrive De Gasperi nel 1953 – è per un uomo di sentimento, una sofferenza quotidiana. Alle porte del mio ufficio battono quotidianamente le infinite necessità di un popolo di 47 milioni di uomini e donne e quando si confronta la limitatezza dei mezzi a nostra disposizione, è impossibile sottrarsi a un senso di sconforto». Ma egli era «un uomo che sapeva unire bontà e saggezza» secondo uno scritto della professoressa Tiziana Di Maio, dell'università Lumsa di Roma dove il 27 gennaio si è aperto un interessante dibattito tra professori e studenti, con l'apporto di testimoni, sulla politica di due statisti europei: Adenauer e De Gasperi. Mentre oggi la passione europea che aveva dato fuoco al loro animo sembra appassire tra conferenze e incontri che non trovano eco tra le popolazione dei Paesi coinvolti, questa università dà spazio al dibattito e allo studio sul nostro comune futuro. L'idea di una Europa unita negli anni Cinquanta richiedeva assieme a una forte volontà anche una grande fantasia. Fino a pochi anni prima ci eravamo combattuti con le peggiori armi tra francesi, tedeschi, italiani, era necessario allora – oltre a un grande desiderio di pace – un progetto economico comune sospinto da un sogno di comunione di gente della stessa terra. Il caso fece incontrare allora tre uomini al vertice della politica del rispettivo Paese, di sentita fede cristiana che, in quanto tali, sentivano il dovere di assumere personali responsabilità per il benessere della società. Essi cercarono di superare infinite difficoltà e interessi parziali nella ricerca di dare a questa nuova unione un'anima comune, cancellando i rancori seminati dalla violenza e dalla morte. Sul tema risultano di notevole interesse gli articoli della Res Publica, rivista di studi storico-politici internazionali, che titola l'ultimo numero: «Dalla dittatura alla democrazia, De Gasperi e Adenauer per una nuova Europa». Quando saremo chiamati a votare per le elezioni del Parlamento europeo chi avrà avuto il tempo di spiegare al mondo giovane la necessità di restare uniti anche contro le difficoltà economiche del momento, le inadempienze e le promesse che non hanno trovato attuazione? Quale movimento, quale partito vorrà prendersi la responsabilità di supportare nuove leggi, nuovi sacrifici pur di non tradire un principio comune di unità? Il processo di integrazione europea, come lo si intendeva negli anni Cinquanta, ha perduto lo smalto delle idee nuove. Ma almeno immaginiamo quale sofferenza dovrebbe sostenere l'economia, la moneta, la politica se vincesse il pensiero antieuropeo che si sente a volte soffiare tra le parole di gente senza coraggio né dignità.
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