domenica 14 ottobre 2012
Sono al mare. Un amico pescatore si prepara per la sua piccola spedizione quotidiana. Prende la maschera e i suoi attrezzi e si tuffa. Vedo il galleggiante che segnala la sua presenza allontanarsi verso gli scogli. Dopo un'ora scarsa di ricognizioni riemerge a mani vuote. Ha la faccia pensierosa. «Niente pesci oggi?» gli chiedo come al solito. Mi dico subito che non era il caso di rimarcarlo, ma ormai non posso rimediare. Lui si avvicina con la testa bassa, lascia cadere sulla sabbia la maschera e si siede vicino a me. «Mi vergogno a pescare, sai?» rivela a sorpresa. Questa volta non commento. Aggiunge: «E poi oggi il mare è piuttosto agitato, l'acqua è torbida e quando è così c'è un effetto lente, i pesci ti vedono ingrandito e scappano quando sei ancora distante. Ma anche tu li vedi più grandi e questo» sospira «ti inibisce un po'». Lo guardo incuriosita. Domando: «Scherzi o stai dicendo sul serio?». Scuote la testa, sembra serio. Non ho ancora ben capito se mi abbia raccontato una favola oppure no, io posso abboccare più dei pesci. Ma l'immagine che mi ha fatto intravedere con il suo apologo morale mi frulla per la testa. Il torbido confonde, deforma le dimensioni e le proporzioni, e offusca, fa ondeggiare, vacillare. Il limpido avvicina alla realtà, e la rischiara.
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