giovedì 17 dicembre 2009
Lo diceva paradossalmente Totò: «Ogni limite ha la sua pazienza!» In pagina non vale, e le follie non hanno limiti. Ieri "Il Giornale" (pp. 32-33) su «La questione della lingua», con un titolo come proclama: «L'Italiano fu imposto: la storia è per i dialetti». L'autore ricorda che alla proclamazione del Regno, l'uso dell'italiano odierno, «lingua colta», valeva solo per «meno del 5% fuori della Toscana», e «fu imposto solo grazie alla presenza dello Stato». Conclusione perentoria: «sbagliato tutelare per legge l'idioma nazionale. Non è un bostik col quale incollare lo Stato». Dunque «per legge» occorrerà cancellare l'insegnamento dell'italiano? O istituire (anche) ore dei vari dialetti? E come si farà? Si sa che è facile, nella scuola, c'è tanto tempo libero, e tanto personale pronto a lavorare in dialetto" Una piccola avvertenza, con domanda: ma a 150 anni dall'unità è ancora «meno del 5%» che parla italiano, salvo in Toscana, o qualcosa è cambiato? C'è stata la radio, la Tv, il maestro Manzi, e tanto altro, o abbiamo sognato? Torniamo indietro davvero? Per dare retta a un malinteso federalismo? A proposito, in questi giorni va forte anche la «questione» ecologica, per l'inquinamento. Ma sì: torniamo ai tram a cavalli, ai carri con buoi, alle carrozzelle in città, e così via, magari ai «ricsciò» " qualche cinese, per far da maestro, è già in giro " ma sì! Sempre Totò: quisquilie, pinzillacchere! Nero su bianco, sul "Giornale", capace poi, tra un po', di pentirsi, e magari di chiedere scusa...
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