giovedì 23 marzo 2017
«La Messa è finita»: ieri ("Repubblica", pp. 38-39) titolo forte e secco che annuncia una diagnosi sferzante: «Così dopo cinque secoli tramonta la figura del prete». Firma illustre, forse tradita dai titolisti. Che nei numeri ci sia, reale, un "calo" delle vocazioni sacerdotali è innegabile, ma nei dintorni che dicono realtà di Chiesa ci sono anche segni di cose davvero nuove: basta aprire gli occhi. Oggi i preti non sono e non debbono essere "funzionari del sacro", ma pastori in uscita da sé tra i fratelli, e tutti (o quasi) sanno che l'Eucaristia non è realtà che risale alla "riforma" tridentina...

Ci sono, dunque, i segni del nuovo, un nuovo che poi è davvero antico e quindi ha in sé la forza di vincere crisi di secoli: basta vederli, e non ridurre tutto all'ottica di intelligenze che in pagina o nei convegni dialogano solo con altre intelligenze. Nuovo? Proprio ieri per il prossimo Sinodo dedicato ai giovani grande apertura de "L'Osservatore" e due intere pagine: «Preghiera rivoluzionaria. Il Papa rilegge il Magnificat». Tornano alla mente padre Turoldo e la sua "rilettura" dei «Dieci verbi usati da Maria», carichi di presente e di futuro. Venerabile il Concilio di Trento, ma la realtà del pastore-presbitero è ben più grande e più antica: l'Eucaristia è il culmine terreno dell'eternità che nella storia si è fatta misericordiosa "rivoluzione".
Conosco un prete che in una omelia aveva detto che Gesù è stato «un rivoluzionario»: richiamato dal vescovo e minacciato di sospensione a divinis. Il tempo è passato, la novità cammina e il prossimo Sinodo è dedicato al mondo dei giovani. «Finita la Messa»? No! Per qualcosa di grande il tempo propizio non solo non è finito, ma si apre a orizzonti sempre nuovi. Tra "Repubblica" e "Osservatore" chi disegna meglio il presente e il futuro? Meglio il secondo, con Maria, padre Turoldo e papa Francesco: una bella compagnia!
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI