mercoledì 17 marzo 2021
La parola è Dispassione, ed è il titolo del nuovo romanzo di Maria Laura Rosati (Liberilibri, pagine 252, euro 16). La spiegazione è a pagina 158: «È l'allontanamento estremo da tutto e da tutti, dal mondo, dai sentimenti. È l'indifferenza dovuta alla consapevolezza che il tempo non esiste, la realtà è un'illusione, un enigma infinito e irrisolvibile». Di dispassione soffre Fiamma, che scrive il libro in prima persona e colleziona parecchi altri disturbi: sa di essere psicopatica, psicotica, maniaca dell'igiene e poco equilibrata; è ossessiva, con disturbi di amnesia dissociativa e in parte sistematizzata, retrograda selettiva; l'amnesia dissociativa è associata a prosopoagnosia, cioè all'incapacità di riconoscere i volti. Di questo ampio elenco va tenuta in mente la prosopoagnosia (io preferisco dire "prosopagnosia"), per capire lo scioglimento finale dell'enigma del romanzo. Nonostante tutto questo, o proprio per questo, questa sessantenne che non ha mai professionalizzato la sua laurea in lettere e vive sola, senza relazione alcuna, bisbetica e ossessiva – in albergo, per prima cosa, igienizza le maniglie e gli interruttori della camera – riesce simpatica. Ha anche un altro tic: conta le lettere delle parole e delle frasi: «Mamma. Cinque; Stai calma, Fiamma. Quindici». Valeria è un'amica che la sopporta e che cerca di circoscriverla. Paola, molto più giovane, talvolta le affida per qualche ora la bambina di pochi mesi. Un giorno, Valeria la invita ad accompagnarla a un convegno, a Lecce. Lei dapprima si oppone, ma poi ci va. Mentre Valeria è al convegno, Fiamma passeggia in città e casualmente entra in un teatro dove una scolaresca sta provando la recita di Natale. Si sente chiamare: «Mamma, vieni a prendermi». La sua bambina. Perché Fiamma aveva una bambina, Pia, che a dodici anni è scomparsa. Stavano sciando, lei, il marito con cui bisticciava, e Pia a precederli con un amichetto. Incidente? È morta? Fiamma è sicura che sia viva. Fiamma è sconvolta, pianta lì tutto, prende un treno e scende, non sa bene perché, a Parma. La città le piace. Nella pinacoteca vede un disegno attribuito a Leonardo: il ritratto di un'adolescente ricciolina che assomiglia proprio a Pia. Per più giorni non si stanca di contemplare quel ritratto. Dalla finestra vede un signore con un grosso cane che, sempre alla stessa ora, sosta nel giardino che anche lei frequenta. Cerca di evitarlo, ma un giorno non può fare a meno di scambiare qualche parola con questo Pietro. Si frequentano, con l'accordo di non farsi domande personali. Pietro le presenta un amico, Vittorio, che fa strani discorsi sui mondi paralleli, mescolando psicanalisi, esoterismo e la tana del coniglio di Lewis Carrol. L'unico risultato è che Fiamma si innamora, non ricambiata, di Vittorio. Umiliata, torna nella sua Milano e lì, complice la prosopagnosia, avviene la catarsi risolutiva che affidiamo alla curiosità dei lettori. Romanzo interessante e diagonale, meglio riuscito nella prima parte, con Fiamma "cattiva". Nella seconda parte, piange fin troppo. Come diceva Mae West, sex symbol della prima Hollywood: «Quando sono buona, sono buona. Quando sono cattiva, sono anche meglio».
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