sabato 3 settembre 2016
Lo dichiaro subito, con la consueta franchezza: il dibattito sulla campagna di comunicazione pro-fertilità del Ministero della Salute sta subendo, anche a mio avviso, una "drammatizzazione" eccessiva e solo immaginare le dimissioni del ministro Lorenzin significa abbandonare tragicamente l'emisfero (celebrale) del buon senso. Proviamo a distinguere – secondo un'antica regola ormai abbandonata nell'era della viralizzazione da social media – la forma dalla sostanza. Il linguaggio della campagna è chiaro, al limite della crudezza, e tende al manicheismo: i "buoni" procreano prima possibile, i "cattivi" non lo fanno. Ma si tratta di una campagna pubblicitaria e non della dotta spiegazione di una voce dell'enciclopedia Treccani, dunque un "tono di voce" deciso e accattivante è comunemente ammesso, oltre che utile alla promozione del messaggio. È sicuramente legittima (e in parte condivisibile) l'obiezione di chi ritiene che una campagna istituzionale e di utilità sociale, su un tema così sensibile per le coscienze e le vite dei cittadini, meritasse un trattamento di comunicazione più delicato. E più rispettoso delle difficoltà economiche, sociali e fisiche delle donne – o meglio, delle coppie – che non possono o non riescono ad avere figli.Tuttavia le critiche ragionevoli alla campagna dovrebbero fermarsi qui. Alla forma, in parte probabilmente sbagliata. Mentre la sostanza del messaggio dovrebbe ricevere un'accoglienza molto diversa. Non basta certo una sequenza di spot televisivi per spingere qualunque coppia a prendere una decisione così importante, nonostante la potenza del mezzo. Una campagna può invece sollecitare un dibattito, interrogare le coscienze, influenzare l'agenda politica. Vogliamo vivere nei prossimi decenni in un Paese con il più basso tasso di natalità del mondo avanzato, nella patria del degiovanimento (secondo l'efficace espressione coniata dall'Istat)? Vogliamo continuare a far finta che la possibilità o meno di far figli sia esclusivamente un problema individuale, senza considerare il fatto che stiamo abbattendo ulteriormente la crescita potenziale del nostro Paese? Lo avevo già scritto su queste colonne, in occasione dei terribili dati Istat sulla natalità 2015. Dopo decenni in cui il tema della natalità è stato ignorato, o peggio considerato soltanto un retaggio del fascismo, l'Italia ha tremendo bisogno oggi di un "piano futuro": investimenti pubblici sugli asili-nido, carenti e troppo costosi, incentivi fiscali duraturi per chi mette al mondo un figlio, risorse per moltiplicare il diritto allo studio. Se mai la campagna voluta dal ministro Lorenzin ci porterà qualche risultato in questa direzione, sarà la più efficace e preziosa mai messa in onda.@FFDelzio
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