giovedì 27 settembre 2018
Lupus forse un po' strano. Sul “Corsera” (24/9, p. 1 e int) Alessandro D'Avenia ricorda solidale e ammirato Sylvia Plath, «la grande poetessa americana» che morì suicida nel 1930, a soli 30 anni. Il tema è «l'ossessione della perfezione», così espressa da lei: «Non posso sopportare l'idea di essere mediocre». E ancora, con una specie di folle programma di vita che divenne di morte: «Frustrata? Sì! Perché non posso essere Dio»! E D'Avenia racconta i suoi tentativi di suicidio, divorata dall'ansia di perfezione che la condusse alla morte. «Essere come Dio»? È la promessa ingannatrice del serpente (Gen. 3), ma in questo desiderio forse può esserci altro, e in forma che non autodistrugge, ma vivifica. Mi viene in mente Teresa di Lisieux che il 23 luglio 1888 scrive alla sorella Celina che la vita è «prepararci a conoscere Dio come Egli stesso si conosce, a divenire noi stesse Dio»! Non è follia, è fede: «Noi già siamo figli di Dio, ma ancora non si vede... Quando si vedrà saremo uguali a Lui, perché Lo vedremo come è in realtà» (IGv. 3,2). Nessuna follia, e nessuna frustrazione, così, ma già ora senso e presentimento di felicità piena. Cose da santi? Macché! La settimana scorsa è morto un amico, Leonardo D., architetto di fama internazionale, costruttore, aviatore, docente universitario in mezzo mondo, padre affettuoso e capace sempre e ovunque di pensare alle necessità degli altri. Una leucemia fulminante l'ha portato via dopo una lotta di settimane dolorosissime. Ebbene: con lui, inavvicinabile per emergenza, lunghe conversazioni al cellulare, tra terra e cielo, già pregustato e avvertito come presente. Una delle ultime ricordando ancora Teresa stessa nel giorno del suo ultimo cammino: «Mi chiedono se sono contenta di morire... Sì! Vedrò Dio... Ma quanto ad essere con Lui lo sono già pienamente anche ora». “A(d)Dio”! E avanti.
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