sabato 30 gennaio 2016
Una tantum: “Lupus” tutto dentro questa Chiesa che da duemila anni riflette la luce di Gesù che sconfigge le ombre che vengono non solo dall'esterno, ma anche da battezzati e consacrati. È storia di vita ecclesiale. In tema qui l'altro ieri (p. 19) lucidissimo Luciano Moia: «Sinodo: a Pasqua le parole del Papa». Guarda alle “Relazioni” del 2014 e 2015, registra recenti parole di monsignor Paglia in Portogallo, ricorda «le cinque vie» indicate dal «Convegno ecclesiale di Firenze alla luce dell'Anno della Misericordia», che messe insieme «obbligano a intensificare la riflessione sulla teologia del matrimonio di fronte alle nuove, urgenti domande legate al moltiplicarsi delle situazioni di fragilità». Ne segue una previsione prudente, ma onestamente fondata: «Nessuna regolamentazione precettiva, ma una pluralità pastorale che, pur nell'unità dottrinale, possa al tempo stesso essere traduzione creativa e fedele di quanto emerso nel doppio Sinodo». Creatività e fedeltà: questi i due essenziali caratteri, sempre necessari, e da duemila anni, delle vicende ecclesiali. È la storia intera della Chiesa come tale, luci e ombre come detto all'inizio, che mostra questa costante. Ripenso alla grande opera di Bernard Haering, maestro di teologia morale per tanti alla luce del Concilio: “Liberi e fedeli in Cristo”. Penso al criterio del «discernimento» indicato come proposta di fondo alla fine della seconda sessione del Sinodo e appoggiata da autorevoli maestri e pastori. È del resto la lezione forte di San Paolo: «Ogni uomo esamini se stesso» e, ancora, «esaminate tutto, ciò che è buono prendetelo sul serio» (I Cor. 11, 28 e I Ts. 5, 21). Nessuna rivoluzione, ma «la speranza (che) non delude». Con fiducia nella presenza di Dio in Gesù vivo nella sua Chiesa, sempre «in uscita» sulle vie della storia.
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