venerdì 13 marzo 2009
Giorgio Manzi ("Riformista", 11/3, p. 19: "Convergenze parallele tra Darwin e Vaticano") racconta il «dialogo intelligente» voluto dalla Santa Sede sui rapporti tra Darwin e la fede. Pezzo intelligente, ma con tesi sbrigativa già in quel «convergenze parallele», un tempo detto della strategia di Aldo Moro, e chiara fin dall'inizio: «"una possibilità di sintesi delle diverse forme di conoscenza, scienza, filosofia e teologia è impossibile, come testimonia l'opera del gesuita Pierre Teilhard de Chardin, censurato dal Sant'Offizio». Per Manzi la Chiesa da sempre, ma in particolare oggi, afferma un rapporto sbilanciato tra fede, ragione e scienza, tutto a favore della fede, indicandone come prova la vicenda del gesuita Teilhard de Chardin, le cui tesi evoluzioniste sono state censurate dalla Chiesa. Che dire? Forse la questione è altra. Nei testi di Teilhard, non lo sforzo di sintesi ha fatto e fa problema alla Chiesa " e anche a tanto mondo di scienza " ma la mancata chiarezza delle posizioni, che sono insieme di un paleontologo, di un filosofo, di un teologo, di un poeta e anche di un mistico. Nessuno sbilanciamento è necessario tra fede e ragione, ma condizione di coesistenza è solo la diversità chiara. Sorprende, forse, ma per la fede cattolica è «dogma» che la ragione umana può conoscere la verità. E allora? Per spiegare ricorro a un esempio provocatorio: va bene a tutti l'Odifreddi matematico, non più se, senza dirlo, si traveste da filosofo, teologo e giocoliere che sbeffeggia le convinzioni religiose altrui. Per sua fortuna, però, non c'è un Sant'Offizio della matematica!
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