sabato 22 ottobre 2022
Quella cosa lì, che fatichiamo a pronunciare, come se evocandola la richiamassimo a noi, insomma, la depressione è in agguato ovunque, mondo dello sport compreso. Tra una giovanissima come Paola Egonu e un antico come Gigi Riva. Tra pochi giorni esce la sua biografia, firmata da Gigi Garanzini (Mi chiamavano Rombo di Tuono), e sui quotidiani possiamo assaporarne le ricche, meste, bellissime anticipazioni. Sul “Giornale” (21/10) Nino Materi lo definisce «un libro al tempo stesso romantico e severo» e riporta queste parole che Riva affida a Garanzini: «Un problema di testa con cui ho imparato a convivere, ma mai del tutto. Perché quando si rifà vivo rimane un brutto avversario da affrontare», forse più di certi stopper rocciosi degli anni 60. Al livello dell’arbitro Concetto Lo Bello, forse.
Generosissima la “Stampa” (20/10) che avverte: «Non c’è un capitolo banale, non ci sono fotografie inutili», e dedica all’anticipazione una pagina intera firmata Gigi Riva, perché fatta tutta e soltanto di brani del libro. Vere – e possibile aiuto a chi ci deve fare i conti – sono le sue parole sulla depressione: «Non sono mai stato un chiacchierone. Mi piacciono i silenzi (...). Il silenzio è stato una parte importante della mia vita, che quand’ero troppo giovane mi ha detto: “Arrangiati”. E io mi sono dovuto arrangiare. Mi sono chiuso, questo sì. Ma non è vero che sono diventato triste o malinconico: ho dovuto semplicemente fare i conti con l’infanzia che non ho avuto, con i lutti, con le nottate a occhi spalancati aspettando il sonno che non arrivava. Il calcio mi ha aiutato, mi ha dato tanto, per non dire tutto. Ma quando sono uscito per sempre dal campo, dal sogno che si era avverato e aveva tenuto lontani, entro certi limiti, i fantasmi notturni, ho dovuto cominciare a fare i conti, fino a lì sempre rimandati, con quella parola. Depressione. Che fatico persino a pronunciare, perché significa farmi del male. Il calcio, la carriera, i gol erano stati la reazione che mi serviva: prima una spinta, poi un propellente vero e proprio a mano a mano che arrivavano i successi. Venendomi a mancare tutto questo di colpo, non con un declino progressivo come avevo sempre pensato sarebbe successo, mi sono sentito perso». Lo hanno salvato i figli, scrive. A tutti auguriamo una salvezza. © riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: