sabato 2 ottobre 2021
È stata una vera scossa per la Capitale, inattesa e provvidenziale, l'annuncio della candidatura ad EXPO 2030 da parte del premier Draghi. Perché l'ha rimessa al centro delle strategie di crescita del Paese dopo molti anni di "marginalità", e perché ha alzato improvvisamente l'asticella della sfida per la nuova governance della Capitale. A prescindere da quale sarà l'esito della competizione (non facile) per l'aggiudicazione dell'esposizione universale, infatti, la mossa di Draghi avrà un effetto molto importante: "costringerà" chiunque sia eletto dai ballottaggi amministrativi del 17 e 18 ottobre come prossimo Sindaco a definire un posizionamento di Roma nello scenario globale. Cambiando radicalmente rotta rispetto ad una metropoli che oggi non si definisce, non si programma, non si proietta. Non costruisce futuro, ma si fa raccontare solo per il suo glorioso passato.
Nel recente e fortunato pamphlet "Liberare Roma" (Rubbettino) ho teorizzato un posizionamento globale di Roma possibile e desiderabile: la Città Eterna come "Capitale della Bellezza" a livello internazionale. Un posizionamento capace di rispecchiare il suo DNA, da fondare su un piano strategico con proiezione (almeno) a 10 anni. Obiettivo: far diventare Roma punto di riferimento internazionale su turismo di qualità, green economy e mobilità verde, trasferimento dell'innovazione dalle università alle imprese, digitalizzazione dei servizi, attrazione di talenti, servizi sanitari e per la cura della persona, scienze della vita. "Capitale della bellezza", appunto, intesa nel senso più ampio e profondo: come hub della qualità della vita e della centralità della persona, applicando in pieno la rivoluzione digitale e quella green.
Nel 1907 James Joyce, al termine di un suo cupo soggiorno nella Capitale, scriveva che i romani campano «mostrando ai visitatori il cadavere della nonna in cantina». E molto più di recente, Andy Warhol ha bollato Roma come «un esempio di quello che succede quando i monumenti di una città durano troppo a lungo». Evidentemente queste iperboli, figlie di pregiudizi e tic personali, non appresentano in alcun modo la realtà di Roma. Ma negli ultimi anni hanno rischiato di fotografare un sentiment della comunità romana di antica indolenza e recente rassegnazione, un desiderio diffuso di rifugiarsi nel mondo dei rentier più che di sfidare il mare aperto della competizione (globale).
Ma se Roma riuscisse a "liberare" le sue straordinarie energie, cancellerebbe d'un colpo ogni pregiudizio e ogni sentimento di retroguardia. La Capitale del Giubileo 2025, di EXPO 2030 e magari delle successive Olimpiadi potrebbe rappresentare la grande sorpresa dei prossimi anni a livello internazionale. E se quello appena iniziato diventasse il "decennio di Roma"?
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